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Donald miliardario calvinista rispetta solo chi lavora duro

Ha convinto gli americani che si può marciare verso una Nuova Frontiera diversa da quella kennediana

Donald miliardario calvinista rispetta solo chi lavora duro

Miami - Il segreto di Trump consiste nell'usare il dritto e il rovescio, far agire la mano destra senza dirle che cosa fa la sinistra e così ha usato la comunicazione (il veicolo delle emozioni) per far viaggiare il suo programma. Adesso che ha vinto, tutti osservano: «Finalmente! Guarda, com'è presidenziale. E prima? Fingeva?». Non fingeva, ma agito come un giocatore di poker, con una vera «Poker face», la faccia impenetrabile del buon giocatore. Lui è un gaudente miliardario: su di lui ancora bambino fu costruita la celebre battuta: «Se l'autista è malato, farai come tutti gli altri bambini del mondo: prenderai un taxi».

Figlio di un padre di famiglia tedesca che per prudenza faceva finta di venire dall'Irlanda, ha imparato alla svelta le leggi dei rapporti umani vendendo case, un po' come il giovane Berlusconi che però le case se le faceva da solo. È convinto, seriamente, che la ricchezza sia a portata di tutti, dando prova di calvinismo radicale. Il calvinista è quello che se vede un povero gli chiede: dove hai sbagliato? Perché hai scelto di essere povero? Presso i nostri Paesi (e mentalità) cattolici, i poveri hanno sempre ragione. Per i protestanti anglicani, ha ragione soltanto chi lavora bene e rispetta le regole. Di qui lo scontro ideologico fra papa Francesco, ancora intriso di teologia della liberazione, e Donald Trump a proposito del famoso muro col Messico ormai più simbolico di quello di Berlino. Abituato ad avere accanto ragazze ricche belle e disinvolte, ha acquisito quella franchezza e dimestichezza con il corpo femminile che hanno non soltanto i figli di papà, ma anche le figlie di papà.

Mia figlia, ormai americana che frequenta la scuola pubblica e ha quindici anni, dice con le sue coetanee: «Un Presidente deve occuparsi dell'economia e dello stato delle famiglie americane e non deve rendere conto di quel che ha detto dieci anni fa in una camera privata». Col senno del poi possiamo dire che questa reazione di fastidio nei confronti dei democratici che pensavano di avere l'arma letale, era imprevista: tutti lo davano per morto dopo la pubblicazione delle parole volgari e sessuali registrate dieci anni fa. Le femministe con lui sono meno furiose che con Hillary: il fatto che sia un grande amante del corpo delle donne lo rende più accettabile della sua avversaria che ha coperto tutte le porcate di suo marito pur di fare carriera.

«The Donald» (come lo chiamava la moglie slava convinta che il nome proprio richiedesse l'articolo) ha fatto la scuola della vita, come la fece Gianni Agnelli che prima di assumere il ruolo di manager se la spassò in lungo e in largo, specialmente nella Cuba precastrista, a New York e a Parigi. Quanto al sesso, il suo motto era: «Innamorarsi è da cameriere». Donald oggi ha vinto e stravinto. Però, come il vero giocatore di poker ha anche perso e si è rimesso in piedi da solo. Ha una invidiabile faccia da schiaffi perché affronta la realtà così come la realtà chiede di essere affrontata e infatti esistono centinaia di foto in abito da sera di lui e sua moglie con la coppia Clinton, ai tempi in cui erano grandi amiconi. Si vanta di essere un eccellente mediatore e infatti lo è: «La mia scuola è quella in cui devi mettere d'accordo chi non è d'accordo. Quella è la mia Università».

La Trump Tower sulla Fifth Avenue di New York, una torre cubista tutta d'oro, è il suo simbolo: Donald è stato il primo a inventare terrazze fiorite su un grattacielo e a integrare lusso e costi abbordabili. Fumo negli occhi, ma che fumo. In Europa, in Italia specialmente, l'hanno bollato come «palazzinaro», cioè un sordido costruttore che viola ogni legge per fare soldi. Lui di soldi ne ha fatti a volontà ma ha accompagnato le sue creazioni edilizie con un tocco di genialità. Razzista? Nulla lo dimostra. Non fa finta di andare pazzo per gli afroamericani, come Hillary, per arrampicarsi sui voti dei poveri, ma promette ha vinto anche per questo di farla finita con le stragi fra i neri e far sparire il degrado nei ghetti: tutti devono andare a scuola, legge e ordine. Niente armi, legge e ordine. Gli immigrati illegali possono restare, ma prima devono uscire, spedire i documenti richiesti e poi tornare. Legge e ordine. Non odia i latinos, ma il traffico dei messicani che introducono schiavismo sessuale, droga e bande armate. Si difende: «Nelle mie aziende sono tutti messicani legali, i migliori lavoratori del mondo». E ha convinto un Paese che non è più quello di vent'anni fa, un Paese che è di nuovo in viaggio verso una nuova frontiera, come quella che aveva intuito sessant'anni fa John Fitzgerald Kennedy, ed oggi la nuova frontiera, la nuova America, gli ha creduto e si aspetta di veder realizzato quel che ha promesso. Si descrive come un fixer, uno che sa aggiustare tutto, ma anche ripulire la scena del crimine rimettendo tutto in ordine: chi ha avuto, ha avuto.

Possiamo andare avanti.

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