Politica

Donne, neri e ultrà pacifisti. Tutti gli sfidanti anti-Trump

Alle primarie Usa i Dem scelgono minoranze e progressisti. In Florida la sfida del socialista Gillum

Donne, neri e ultrà pacifisti. Tutti gli sfidanti anti-Trump

Una ex pilota da combattimento dell'Aeronautica militare, la repubblicana Martha McSally, sfiderà per un seggio al Senato, in Arizona dove i conservatori dominano da trent'anni, un'ex assistente sociale, la democratica Kyrsten Sinema, pacifista di ferro contro la guerra in Irak, che da bambina visse per tre anni in povertà in un distributore di benzina abbandonato prima di diventare un avvocato. Due donne l'una contro l'altra, due profili opposti, come accadrà anche nel distretto di Miami, in Florida, dove l'ex segretaria alla Sanità di Bill Clinton, Donna Shalala, per un seggio alla Camera dovrà vedersela con l'ex giornalista tv, l'ispanica Elvira Salazar, repubblicana. A dieci settimane dalle elezioni di midterm che potrebbero ribaltare gli equilibri del Congresso statunitense, le primarie appena concluse provano quanto le sfide finali del 6 novembre saranno un verdetto sulla presidenza e anche quanto Trump guadagni sempre maggiore influenza all'interno del suo partito, che dal pragmatismo del defunto senatore John McCain sta nettamente virando verso il duro nazionalismo dell'attuale leader Usa.

I democratici puntano su liberal e progressisti mentre la base repubblicana se ne infischia del rischio impeachment che minaccia la presidenza e vota i candidati che difendono il leader della Casa Bianca (anche dopo averlo attaccato in passato come la pilota McSally), appoggiando soprattutto chi riceve la benedizione di Mister Trump.

Mentre in una riunione a porte chiuse con i leader evangelici alla Casa Bianca (il cui contenuto, registrato, è stato riferito dal New York Times) il presidente avverte del rischio che le sue politiche vengano ribaltate «con la violenza» se i democratici vinceranno le elezioni di medio termine, il voto di martedì restituisce uno spaccato più chiaro dei cavalli su cui puntano i due contendenti. Non solo i futuri membri di Camera e Senato, ma anche i prossimi governatori. Con la Florida grande osservato speciale in qualità di swing-State per le presidenziali del 2020, cioè lo stato «in bilico» tra repubblicani e democratici, che nel 2016 fu vinto da Trump. A lottare per la carica di governatore, uno dei 39 eletti a novembre, dopo una vittoria a sorpresa sarà il candidato dell'ala più liberal e progressista dei Dem, l'afroamericano Andrew Gillum, sindaco di Tallahassee, favorevole all'assistenza sanitaria gratuita per tutti, alla legalizzazione della marijuana e all'abolizione dell'Agenzia per l'immigrazione, non a caso sostenuto dall'ex aspirante alla presidenza, il «socialista democratico» Bernie Sanders. Gillum è un anti-Trump che di Trump ha chiesto l'impeachment e dal presidente è stato definito, subito dopo la vittoria, «un socialista fallito». Non avrà vita facile. Il contendente repubblicano è Ron DeSantis, ex veterano della Marina Usa, uno dei più fedeli difensori del presidente, che non perde occasione di parlare dagli schermi di Fox News a favore del leader Usa e se ne è guadagnato l'endorsement. Con pochissimi soldi spesi in campagna elettorale (gli altri cinque candidati democratici hanno investito in tutto 90 milioni di dollari, lui appena 4) e nonostante il minor numero di apparizioni tv, il 39enne Gillum prova a ridare fiducia alle minoranze e punta a diventare il primo governatore nero della Florida.

Sempre che l'onda pro-Trump del rivale DeSantis non lo fermi, come ha fermato in Oklahoma, Stato fortemente conservatore, la corsa del moderato Mick Cornett, battuto nelle primarie repubblicane a governatore dall'outsider della politica, il proprietario della società di mutui Tulsa, proprio a causa dello scarso sostegno mostrato a favore del presidente.

Commenti