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Doppio schiaffo a Boris: Brexit rinviata a gennaio e stop al voto anticipato

Il Parlamento ferma il «no deal» già a ottobre Il premier chiede elezioni subito: bocciato

Doppio schiaffo a Boris: Brexit rinviata a gennaio e stop al voto anticipato

Il governo annuncia la fine della recessione, ma viene di nuovo battuto sulla Brexit. Un'altra giornata di fuoco ieri per il Parlamento britannico che ha approvato la legislazione urgente proposta dal partito dei ribelli che costringe il primo ministro a chiedere una proroga per la data prevista dalla Brexit (327 sì e 299 no). Messo spalle al muro, Johnson ieri ha sfidato Corbyn ad appoggiare un ritorno alle urne, ma al premier mancano i due terzi necessari.

Durante il suo primo Question Time Johnson ha invitato il leader laburista a sottoporre la sua strategia di «esitazioni e proroghe» al giudizio del popolo britannico con un voto fissato al 15 ottobre. «Il primo ministro sta sprecando tempo sull'uscita senza accordo ha replicato Corbyn nascondendo i fatti circa una probabile carenza nelle riserve di cibo e medicine». Anche il ministro ombra per la Brexit, sir Kevin Starmer ha confermato che il Labour non intende appoggiare nessuna elezione fino a che la proroga nella data per la Brexit non verrà concordata con l'Unione Europea. Dello stesso avviso anche i Liberaldemocratici. In questo momento tutti gli sforzi del gruppo di deputati che appoggia la legislazione urgente sono focalizzati nel concludere il processo legislativo nel corso di questa settimana, la sola a disposizione prima della sospensione del Parlamento. Ed è una corsa contro il tempo. Oggi la legge dovrebbe venir discussa alla Camera dei Lord e nel caso ogni emendamento passasse dovrebbe ritornare ai Comuni. Si prevede che il Parlamento rimanga aperto anche nel weekend per consentire il completamento della procedura. Commentando il risultato della votazione di ieri, il segretario per la Brexit Steve Barclay ha detto: «L'opinione pubblica vuole un accordo, il mondo degli affari lo vuole, ma questa legge lascerà le trattative in sospeso». L'ex Cancelliere dei Tory, Philip Hammond che martedì è stato espulso dal partito dopo aver votato a favore della legge ha dichiarato: «Non esiste un mandato per una Brexit senza accordo e un no deal sarebbe una catastrofe per il Regno Unito». Hammond ha poi ricordato ai suoi ex colleghi che «molti di noi ora sui banchi dell'opposizione hanno avuto il privilegio di conoscere le dettagliate analisi sugli effetti precisi e dannosi di un'uscita disordinata». Intanto lo «sherpa» di Johnson, David Frost, è stato spedito a Bruxelles a discutere le alternative all'accordo approvato dalla May sul backstop per il confine irlandese, nel disperato tentativo di superare l'impasse. Un esito positivo continua tuttavia ad essere improbabile. Unica nota soddisfacente per il governo nella giornata di ieri è la fine dell'austerità dichiarata dal Tesoriere Sajid Javid che ha illustrato il suo piano d'investimenti e di spesa previsto per il prossimo anno. Un'iniezione di ottimismo che si traduce in un aumento di 13.8 miliardi di sterline da spendere nei settori della sanità, dell'istruzione e della polizia. Il Labour ha criticato la manovra definendola prettamente «elettorale». Javid ha però replicato insistendo sul fatto che non sono previsti tagli in nessun dipartimento, mentre vi saranno incrementi di fondi, in linea almeno con l'inflazione. Sono stati confermati anche i due miliardi di sterline in più per sostenere i preparativi per la Brexit. Ma si tratta veramente della fine dell'austerity? «Non insultate l'intelligenza della gente» ha commentato ieri il Cancelliere ombra John McDonnell e qualche dubbio in merito viene. Anche perché il piano presentato ieri da Javid è solo annuale, anziché triennale proprio perché legato all'incertezza derivante dalla Brexit. Il quadro potrebbe dunque cambiare drasticamente nei prossimi mesi. Nel frattempo le certezze sono pochissime.

Una di queste è che la sterlina cola a picco, ogni giorno di più.

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