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Draghi: «All'Italia serve una manovra»

La Bce: «A rischio l'obiettivo di deficit al 2,6%». Soffre anche il resto d'Europa. Padoan: «Avanti con i minibond»

Draghi: «All'Italia serve una manovra»

«Il contenuto della conversazione con Matteo Renzi resta riservato». Così Mario Draghi, giusto una settimana fa, metteva la sordina all'incontro avuto, a ridosso di Ferragosto, col premier italiano nella campagna umbra. In realtà, il numero uno della Bce potrebbe aver fatto presente al premier la necessità di varare una manovra aggiuntiva sui nostri conti. D'altronde, una raddrizzata contabile è proprio ciò che chiede l'Eurotower nel Bollettino mensile diffuso ieri, in cui un cospicuo capitolo è riservato all'Italia.

Il motivo è presto detto. «Persistono i rischi per il conseguimento dell'obiettivo di disavanzo pubblico per il 2014, soprattutto alla luce di andamenti economici peggiori delle attese», si legge nel testo dell'istituto di Francoforte. Il riferimento è a quel 2,6% di deficit stimato per fine anno dal governo, un obiettivo giudicato evidentemente troppo ambizioso non potendo l'Italia - in recessione, alle prese con un elevato tasso di disoccupazione e poco aiutata dalla debole congiuntura a livello europeo - far leva sulla ricchezza supplementare generata quando il Pil cresce. Ragion per cui, «in prospettiva, è importante rafforzare ulteriormente l'orientamento delle politiche di bilancio nazionali al fine di assicurare il rispetto degli obblighi del Patto di Stabilità e crescita». Traduzione: servono misure aggiuntive. Ovvero, vanno reperite ulteriori risorse da sommare ai 20 miliardi di euro che Renzi intende risparmiare sfoltendo le spese dei ministeri. Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, calcola che ci vorranno «almeno 20 miliardi, o di nuove tasse, o di tagli, o tutte e due». Improbabile, infatti, che la Bce non abbia tenuto conto del contributo che deriverà dalla nuova metodologia di calcolo Esa 2010. Il sollievo sarà infatti limitato per il deficit: l'effetto collaterale sul 2011, il primo anno interessato dalla revisione dei conti, è stato appena dello 0,2%. Il disavanzo potrebbe quindi collocarsi attorno al 2,8%.

Ma il vero problema restano sempre le ricette suggerite per rimettere in ordine i conti italiani, tenuto anche conto della delicata situazione in cui versa l'eurozona, in bilico tra stagnazione e deflazione. L'introduzione di nuove tasse, per esempio, avrebbe un effetto ulteriormente depressivo su un'economia che già stenta a riprendersi anche per effetto - ricorda la Commissione europea - della perdita del 25% della produzione italiana rispetto al periodo pre-crisi. Ieri, al Forum Eurofi, il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha suggerito all'Unione europea di favorire regole comuni sui minibond per finanziare le piccole e medie imprese, mentre secondo il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, i nuovi fondi che la Bce metterà a disposizione per stimolare la crescita avranno un impatto sul Pil dello 0,5%. Ciò, però, rischia di non bastare se non ripartiranno gli investimenti, ha sottolineato Visco, «sia pubblici che privati, nazionali ed europei». Questo potrebbe essere uno dei temi centrali delle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin, in programma tra oggi e domani a Milano, anche se il focus si concentrerà sulla controversia tra chi chiede più elasticità nella gestione dei conti pubblici e chi vuole il massimo rigore.

Dopo l'intervento di mercoledì scorso di Angela Merkel, interamente improntato al rispetto delle politiche di austerity, spazi per la flessibilità non sembrano però essercene molti.

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