Cronache

Ma per la droga l'arresto poteva scattare

Insieme al coltello, in occasione dell'ultimo fermo, Patantuono aveva anche "alcune dosi di cocaina"

Ma per la droga l'arresto poteva scattare

Non si può tenerli dentro tutti. È da questa ovvietà che bisogna partire per capire come fosse possibile che uno come Giuseppe Patantuono si aggirasse liberamente per Foggia nonostante fosse - notoriamente e visibilmente - un pericolo pubblico. Con un coltello aveva trafitto un tizio due anni fa, con un coltello era stato sorpreso di nuovo poche settimane orsono. Eppure non solo era a piede libero, ma aveva modo di bazzicare senza ostacoli i giri malavitosi dove ha potuto procurarsi l'arma con cui ha assassinato il carabiniere

L'analisi del percorso processuale di Patantuono non sembra lasciare molto spazio ai sospetti di buonismo giudiziario che prendono corpo spesso in queste circostanze. Nel 2017 l'uomo viene arrestato in flagrante con il coltello con cui ha appena colpito un conoscente. Si tratta di una coltellata assai superficiale, visto che la prognosi è di venti giorni appena. Si prende un anno di carcere: siamo più o meno nella fascia centrale del range di pena (da sei mesi a tre anni) che il codice penale prevede per le lesioni personali. Impossibile, in questa fase, mettere Patantuono in carcere: la custodia cautelare è prevista solo per i reati puniti con un massimo di cinque anni. L'uomo ha dunque il diritto di aspettare a piede libero che la pena divenga definitiva. Ma anche a quel punto non andrebbe dentro, perché la condanna rientra ampiamente nell'affidamento ai servizi sociali.

Ancora più difficile sarebbe stato mettere in cella Patantuono due settimane fa, quando è stato fermato per il possesso di un coltello: reato punito con l'arresto, impossibile la custodia cautelare.

Il sistema, dunque, ha funzionato: eppure il maresciallo Di Gennaro è morto. Ed era, palesemente, una morte che si sarebbe potuta evitare. Perché il sistema è fatto di meccanismi stupidi, che distinguono i reati ma non le persone, tra chi esce dimenticandosi lo sbucciapatate in tasca e chi invece gira armato per cercare guai, pronto a usare il coltello come userebbe una pistola. Ma per questo servirebbe un approccio ragionato e non contabile ai casi. Che invece affogano nella routine.

Però c'è un dettaglio: insieme al coltello, in occasione dell'ultimo fermo, Patantuono aveva anche «alcune dosi di cocaina». Qui invece l'arresto poteva scattare, se c'erano indizi che non fosse per uso personale.

Ma sui dettagli - quanta «polvere», come confezionata - il procuratore glissa.

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