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Dubbi sul "voto bis". Monito del Colle: nessuna forzatura

Riproporre Foa non rispetterebbe le norme. Lui: aspetto indicazioni

Dubbi sul "voto bis". Monito del Colle: nessuna forzatura

Roma - «E mo'? Che succede?», si chiede candida Simona Ventura su Twitter, a commento della bocciatura in Vigilanza dell'aspirante presidente Rai Marcello Foa.

La verità è che non lo sa bene nessuno, nel paese delle leggi scritte e interpretate dagli Azzeccagarbugli. Il diretto interessato dice: «Prendo atto con rispetto della decisione della Vigilanza». E Foa aggiunge: «Non posso che mettermi a sua disposizione (dell'azionista che lo ha nominato, ossia il ministero dell'Economia, ndr) invitandolo ad indicarmi quali siano i passi più opportuni da intraprendere nell'interesse della Rai». Spetta al Mef di Tria, dunque, e alla maggioranza gialloverde, decidere cosa fare. O le dimissioni di Foa - che come lui stesso ha suggerito dovrebbero essergli chieste dall'esecutivo - e la nomina di un altro consigliere a viale Mazzini, in grado di ottenere i voti dell'opposizione come presidente «di garanzia», oppure la permanenza del giornalista nel Cda, che potrebbe indicare un altro presidente nel suo seno. Si fanno i nomi di Giampaolo Rossi (Fdi) o del membro eletto dalle maestranze Rai Riccardo Laganà, ma nessuno dei due pare godere di significativi consensi. Il Cda è convocato nuovamente per oggi, e attende indicazioni.

La Lega però tiene duro sul suo candidato e fa sapere che il Cda è «nel pieno delle sue funzioni» e che Foa potrebbe esercitare comunque il ruolo di presidenza in quanto «consigliere anziano». Non pare pensarla così l'alleato di Salvini: Luigi Di Maio, infatti, fa sapere che «il governo non può ignorare il voto della vigilanza, che la legge prevede dei due terzi. Quindi non se ne esce: o c'è un'auspicabile intesa su Foa, altrimenti le forze politiche devono trovare un'alternativa». I grillini dunque sembrano pronti a mollare Foa, spingendolo alle dimissioni, per concordare un altro nome con le opposizioni e togliere dal tavolo l'imbarazzante pasticcio delle nomine, che oltretutto oscura le mirabolanti gesta M5s sul decreto dignità. Dal Pd, peraltro, avvertono che se la Lega insiste a lasciar lì Foa, senza voti, «siamo pronti ad assumere qualsiasi iniziativa politica e legale», come dice il capogruppo Marcucci. Né si può rivotare sul nome di Foa, avverte Michele Anzaldi: «Sarebbe un abuso con conseguenze giudiziarie, perché nel diritto parlamentare vige il principio del ne bis in idem». E un monito arriva anche dal Colle: bisogna «evitare le forzature» e «rispettare lo spirito della legge», fa trapelare Mattarella.

Insomma: dopo il voto di sfiducia della Vigilanza, far esercitare a Foa il ruolo di presidente de facto sarebbe una lesione delle regole.

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