Finale di partita

Due o quattro ruote, il risultato non cambia: vince l'Italia

Domenica 29 marzo 2015, Palme e santi patroni dei motori. Ci sono loro, i campioni. Ci sono le macchine e le moto. Ci siamo noi

Due o quattro ruote, il risultato non cambia: vince l'Italia

Vettel, Rossi, Dovizioso, Iannone. Quindi Ferrari, Ducati, Valentino che è Yamaha, ma chissenefrega. Italia. Tutto. Domenica 29 marzo 2015, Palme e santi patroni dei motori. Ci sono loro, i campioni. Ci sono le macchine e le moto. Ci siamo noi. C'è un Paese che sa andare a tutta: dai gas che la vita ti scorre di lato. Trecentoventi all'ora per noi, per tutti, per chi ci crede. Perché ci sono vittorie più belle di altre: quella della Ferrari che arriva dopo 676 giorni e quella di Rossi che è al suo ventesimo mondiale inseguendo il titolo numero dieci sono arrivate insieme. Che vuoi di più, Italia? Prendi questa giornata e portatela dentro, dalle undici del mattino alle nove di sera. Lo sport è totalmente non necessario, quindi fondamentale. Pure per chi lo odia. Perché non è mai soltanto un pallone che si muove su un campo o una macchina che romba o una moto che si piega in curva. È Vettel che parla in diretta dalla sua auto e in 17 secondi si prende molto più che un primo posto in un Gran Premio: «Uuuh, yeeeeessss... sììììì ragazzi... Sìììì... Mi senti? Mi senti? Grazie, grazie, grazie... Dai... Forza Ferrariiii». È Valentino che impenna tagliando il traguardo del Qatar. Uno che doveva essere finito, che avrebbe potuto mollare perché ha vinto tutto e più di tutti, che ha sorriso quando da campione non ha vinto più, uno che se avesse voluto fare la star avrebbe solo dovuto schioccare le dita, uno che invece voleva solo correre: per vincere, ma sapendo che più probabilmente si perde. Alla prima del nuovo anno vince, di nuovo. Rossi c'è, urla Guido Meda in tv. Rossi che non è solo Rossi. Lo sappiamo.

Lo sapete.

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