Politica

E adesso la democrazia è "in diretta" su Facebook

Da Renzi a Salvini e Di Maio, i video sul social network sono ormai le nuove tribune politiche

E adesso la democrazia è "in diretta" su Facebook

Roma - La tribuna politica è morta, lo streaming pure e il talk show non si sente tanto bene. Tutta colpa di Facebook. E delle sue «dirette».

A sdoganare il mezzo, in verità, era stato Matteo Renzi, dalle stanze di Palazzo Chigi e dagli uffici del Nazareno da segretario del Pd. Sempre con il suo iMac di fronte e le bandiere italiana ed europea alle spalle. Prima che gli venisse voglia di rimuovere quest'ultima in ossequio al populismo e al sovranismo rampante di marca grillina e leghista. Ora sono proprio loro, i gialloverdi in precario equilibrio tra governo e ritorno alle urne, ad avere fatto della diretta Facebook e della politica dei like il vero termometro della più lunga crisi istituzionale della storia repubblicana.

Il percorso a ostacoli dell'Odi et amo tra i due leader (forse) prossimi a prendersi i palazzi del potere è stato tutto scandito dagli annunci, fatti riprendendosi con lo smartphone in mano in istantanea sul social network di Mark Zuckerberg. In un lungo selfie in movimento. Che va avanti dal 4 marzo con un'intensità quotidiana. Ripreso da agenzie di stampa, giornali, siti e mandato in onda in presa diretta dalle trasmissioni politiche. Luigi Di Maio si è «esibito» dal suo studio alla Camera, subito dopo i vertici con il segretario della Lega per aggiornare sulla trattativa in corso. Così, a più riprese, lo slogan è stato «Finalmente da oggi a lavoro», «Più ci attaccano più siamo motivati», «Io premier? Sarebbe l'onore più grande, ma mi metto in gioco e faccio anche un passo di lato». E, ancora prima, «Il Pd la pagherà» oppure «Bisogna tornare al voto il prima possibile». Una cronaca frenetica e compulsiva di giorni caratterizzati da frenate, accelerazioni, ripensamenti e svolte improvvise. I cronisti a rincorrere gli show sui social. Senza contraddittorio. Gli streaming sembrano vecchi arnesi della storia. Come quello di Grillo, Crimi e Lombardi a colloquio col premier incaricato Bersani oppure, l'anno dopo (il 2014 ndr), Grillo accompagnato da Di Maio nella consultazione con il presidente del Consiglio in pectore Renzi.

«Beppe, esci da questo Blog! - sbottò Renzi - esci da questo streaming». Qualche anno dopo Grillo è uscito dal Blog per farsene uno tutto suo, il M5s è uscito dallo streaming e Di Maio è entrato nella diretta Facebook. Lo spettacolo è itinerante. Quando la trattativa sul governo si è intrecciata con la campagna per le regionali, si è spostato nei prati del Molise e nei monti della Valle d'Aosta. Rispettivamente con il candidato molisano, poi sconfitto, Andrea Greco e nelle vallate valdostane insieme al braccio destro Riccardo Fraccaro.

Salvini di certo non è immune al contagio. Si è ripreso col cellulare schizzando da una parte all'altra d'Italia. Spesso ripetendo gli stessi concetti del gemello grillino: «Più ci attaccano, più vuol dire che stiamo facendo bene». E, nei momenti di crisi tra i due: «Senza fiducia in Parlamento si va al voto». Poi, le ultime performance sul tetto della Camera. Quasi a dare l'idea del «barbaro» alla conquista di Roma. In modo da assicurare l'effetto reality del «bello della diretta».

Infine l'apice della politica ai tempi dei social. Al Quirinale impazzano i veti su Paolo Savona, ministro dell'Economia prescelto da Lega e M5s, Salvini scappa a Milano dalla famiglia. E scrive su Facebook: «Sono davvero arrabbiato». Le redazioni sono in cortocircuito. Cosa farà Di Maio? Approverà il fastidio del socio di governo? La risposta non arriva da un comunicato stampa. Ma da un «mi piace», un like del grillino al post polemico del leghista.

Nel frattempo Giuseppe Conte, premier incaricato, viene immortalato mentre afferra un cartone con una pizza da asporto.

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