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E adesso incombe la grana par condicio

E adesso incombe la grana par condicio

Rai di tutto, di più o, forse, mica tanto. Il nuovo direttore di Raiuno, Angelo Teodoli, dovrà ricorrere a tutte le sue doti di agguerrito grimpeur per cercare di fare risalire gli indici di ascolto dopo i dati dell'Auditel rimediati domenica scorsa. Tra Fazio, che fa brutto tempo e sbatte contro «L'isola di Pietro» in versione Gianni Morandi (14,9 contro 16,6 di share), e le sorelle Parodi che, affondate dalla D'Urso, lasciano l'amaro in bocca (Giletti, ci manchi), sarà, in effetti, necessaria una decisa inversione di rotta. Ma, al di là dei dati d'ascolto, il cavallo di viale Mazzini - che in queste settimane appare più agonizzante del solito perché sottoposto a cure di restauro -, ha un altro grandissimo problema da risolvere: la necessità di garantire il pluralismo dell'informazione anche in vista delle prossime elezioni politiche. Il discorso è vecchio e si ripresenta, puntuale, ad ogni scadenza elettorale. Mai come stavolta, però, con il voto che incombe, la questione appare sul tappeto tanto che, a rilanciarla, è stato il renziano Michele Anzaldi, segretario della commissione parlamentare di Vigilanza Rai e sempre attento alle questioni dell'azienda pubblica. È un po' paradossale il fatto che a suonare l'allarme sia, un parlamentare di quella maggioranza che, con Renzi a Palazzo Chigi e Antonio Campo Dall'Orto direttore generale della tv di Stato, ha finito per dare un'impronta monocolore all'informazione pubblica, tanto da fare, addirittura, rimpiangere la lottizzazione (un canale alla Dc, uno ai socialisti, uno ai comunisti) dei tempi della Prima Repubblica. Ricordo ancora, l'anno scorso, le proteste di alcuni consiglieri Rai sulla campagna referendaria del 4 dicembre ignorate e relegate nel nulla. Una campagna a senso unico che si rivelò, poi, addirittura un boomerang per il governo perché fu così massiccio il bombardamento per il «Sì», che gli italiani, sempre pronti ad andare controcorrente, votarono per il «No». Proprio domani è prevista l'audizione in Vigilanza di tutto il vertice della radiotelevisione di Stato: non sarebbe male che, in quest'occasione, lo stesso Anzaldi risollevasse subito la questione. Non vorrei, però, che il comitato dei saggi proposto adesso ora diventasse la classica foglia di fico per nascondere l'emergenza e rinviare tutto sine die. Se una volta, infatti, eravamo il Paese di santi, poeti, eroi e navigatori, oggi siamo diventati l'Italia dei saggi, o presunti tali, che continuano a sommergerci di parole: a ogni piè sospinto dicono la loro, ma soltanto a futura memoria. Senza tanti proclami, sarebbe quindi il caso di agire concretamente e da subito. Un esempio: qualche giorno fa il consigliere d'amministrazione Arturo Diaconale e il sottoscritto hanno ricevuto l'impegno formale del dg Mario Orfeo di realizzare in tempi rapidi un programma settimanale in prima serata di approfondimento sul secondo canale in modo da garantire quel pluralismo dell'informazione che, dopo la chiusura di Virus di Nicola Porro, era diventato particolarmente carente su Raidue. Un piccolo passo avanti, se vogliamo, nel mare magnum della disinformazione che può essere, comunque, un primo segnale: il vento sta cambiando anche in Rai.

Ma per davvero e non come a Roma.

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