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E via Arenula deve dare 690 milioni ai Comuni

E via Arenula deve dare 690 milioni ai Comuni

Il comune di Bologna, guidato dal molto poco renziano sindaco dem Virignio Merola, ha deciso che la pazienza è finita. E che con lo Stato se la vedranno in tribunale. Determinato com'è a recuperare quei 40 milioni di euro di spese sostenute per mandare avanti in questi anni aule e uffici giudiziari della città, che Roma non ha ancora rimborsato a Palazzo D'Accursio. Soldi che basterebbero al primo cittadino per mettere in sicurezza il bilancio «fino al 2021».

Dopo la sfilza di richieste al governo cadute nel vuoto, a ottobre si terrà l'udienza che trascina il ministero della Giustizia davanti al giudice, sebbene la querelle sui rimborsi investa di striscio anche il dicastero dell'Economia. «Che lo Stato sia inadempiente, che i cittadini abbiano pagato le spese giudiziarie e debbano fare causa allo Stato - accusa Merola - al ministero, non va affatto bene».

Ma il paradosso bolognese non è un unicum. Il problema dei costi anticipati dagli enti locali dal 2011 al 2015 - quando la gestione economica è passata al ministero - riguarda parecchie amministrazioni. E pesa sui conti pubblici per 690 milioni di euro. A tanto, ha calcolato l'Anci, ammonta infatti il gigantesco credito vantato nei confronti di via Arenula, «il più rilevante verso il ministero della Giustizia della storia repubblicana». La cifra complessiva si riferisce agli anni 2012, 2013, 2014 e 2015 (8 mesi su 12), cui vanno aggiunti anche i 30 milioni utili a coprire la quota del 30% di rimborso della annualità 2011 e i 60 milioni per il 2012, per un totale di circa 690 milioni di euro, spiega l'Anci.

Risorse che dovrebbero rientrare in cassa e che invece mettono in crisi i bilanci. La centralizzazione della gestione degli uffici giudiziari avviata dal primo settembre del 2015, infatti, non ha risolto il guaio degli arretrati. «Apprezzabile è lo sforzo che ha fatto il governo, riportando in capo ad esso le spese, ma ora l'impegno deve essere totale risarcendo i comuni». Che hanno provveduto a mandare avanti i tribunali certi di ricevere il contributo «che era sempre stato pari a circa 80% della spesa totale», ricorda l'associazione. Le anticipazioni che il ministero della Giustizia ha erogato «non sono assolutamente congrue». In alcuni casi la patata bollente è finita tutta nelle mani della giustizia amministrativa e civile, che ha riconosciuto le ragioni del risarcimento.

L'Anci ricorda di aver già avanzato «a più riprese una proposta graduale e di importo ragionevole, pari a 30 milioni annui, per chiudere definitivamente la questione».

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