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E la Bce avverte il governo: siete ai livelli di Cipro

I due Paesi gli unici in Europa ad avere squilibri economici eccessivi. Pericolo speculazione

E la Bce avverte il governo: siete ai livelli di Cipro

Più che il decreto, servirebbe un sussulto di dignità. Giusto per rimettere a posto le distanze tra noi, incartapecorita terza economia dell'Unione, e un'isoletta come Cipro strappata alla bancarotta nel 2013. Perché, agli occhi della Bce, Roma e Nicosia al momento sono equivalenti, almeno per l'attitudine ad avere squilibri macroeconomici eccessivi. È un bollino nero che spedisce chi ce l'ha direttamente tra gli osservati speciali, un marchio ancora più doloroso se a condividerlo sono appena due Paesi in tutta Europa: Italia e Cipro, appunto, non essendo stata presa in considerazione la Grecia, ancora sotto tutela.

Per la verità, la Banca centrale guidata da Mario Draghi non fa altro che riportare nel Bollettino mensile, che sarà pubblicato giovedì e di cui ieri è stata data un'anticipazione, le raccomandazioni che la Commissione Ue ci aveva rivolto lo scorso marzo. Ovvero, l'importanza della sostenibilità del sistema pensionistico, l'efficienza della spesa pubblica, la riduzione del cuneo fiscale e la lotta all'evasione fiscale. Inoltre viene ricordato che servono sforzi per migliorare il quadro generale in cui svolgere le attività economiche, si invita a ridurre il carico burocratico e si ricorda la necessità di avere un sistema giudiziario più rapido ed efficiente. «Rispetto al 2017 - si legge nel documento - le raccomandazioni del 2018 danno maggiore enfasi alle riforme strutturali di lungo periodo che sostengono la ricerca, l'innovazione e l'istruzione, a favore del progresso tecnologico, e una migliore formazione per affrontare la sfida della digitalizzazione».

Per quanto riprese da quelle di Bruxelles, è evidente che le sottolineature dell'Eurotower assumono un preciso significato politico nel momento in cui si stanno gettando le basi per la prossima Legge di bilancio, per la quale andranno reperite risorse per almeno 26 miliardi di euro. Le più recenti dichiarazioni di Salvini e Di Maio sembrano andare in un'unica direzione, quella che non considera un tabù lo sforamento del parametro del 3% tra disavanzo e Pil. Soprattutto se si dovrà finanziare la rottamazione della riforma Fornero sulle pensioni, introdurre il reddito di cittadinanza e varare la flat tax. Insomma, una gestione economica in deficit spending che, in assenza di riforme strutturali in grado di generare risparmi di spesa, non risolverà il problema degli squilibri macroeconomici eccessivi.

L'Italia sembra quindi destinata a restare dietro la lavagna, a pochi mesi dal momento in cui la Bce staccherà la spina al programma di acquisto titoli. Col venir meno del Quantitative easing il rischio è di essere ancora più esposti alla speculazione.

Il risalire dello spread negli ultimi giorni segnala già una certa diffidenza da parte degli investitori ad assumersi il rischio Italia, se non adeguatamente remunerato, con ricadute sulla spesa per interessi che in autunno potrebbero diventare dolorose.

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