Ponte crollato a Genova

E dopo due mesi il decreto è ancora da riscrivere

Dalle risorse alla scelta di chi ricostruirà il viadotto: restano troppe incognite sul caso Genova

E dopo due mesi il decreto è ancora da riscrivere

Più che un decreto scritto «con il cuore» e con una «tecnica giuridica elevata», come dice il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, il provvedimento per Genova sembra essere stato steso a matita, o con l'inchiostro magico, a coprire una serie infinita di correzioni, una sopra l'altra, tuttora ancora non definitive a quasi due mesi dal disastro del Morandi.

Il ruolo di mero finanziatore di Autostrade nella ricostruzione, l'esclusione di eventuali altri concessionari o di imprese loro collegate dai lavori, i fondi per gli sfollati, per il porto, per le imprese, il rischio ricorsi. Il totonomi infinito sul commissario straordinario, fino alla scelta, tardiva, ricaduta sul sindaco della città Marco Bucci. Giravolte, promesse, fughe in avanti e frenate. E ulteriori modifiche al decreto, perché «lo stiamo migliorando». L'azione dell'esecutivo dopo la tragedia di Genova continua a essere convulsa.

Le ultime modifiche al provvedimento le ha annunciate due giorni fa lo stesso Toninelli: «Più stanziamenti per le nuove case agli sfollati, penso e spero che già nel decreto ci saranno le somme per fare acquistare loro una casa». E ancora, ci sarà un rafforzamento della «dotazione del fondo complessivo per i porti». Insomma, i soldi che erano stati stanziati con il primo decreto non erano sufficienti. Non solo. Anche l'articolo 1 del testo, che condensa in poche righe il diktat rilanciato dal governo in questi cinquanta giorni, cioè escludere dalla realizzazione del nuovo ponte «tutte le società di costruzioni che abbiano contatti con altre concessionarie in giro per l'Europa e per il mondo», non è più intoccabile. Potrebbe essere ammorbidito. Anche se «Autostrade è fuori» chiarisce sempre Toninelli, «sugli altri vedremo». Significa che potrebbe essere rivisto il vincolo che lascerebbe fuori dalla partita per la nuova struttura qualsiasi azienda che abbia avuto rapporti con qualunque altra concessionaria. Un'apertura all'istanza avanzata dal commissario Bucci, dopo quelle già arrivate dal presidente della Liguria Giovanni Toti, che aveva accusato il governo di mettere «paletti ideologici» che avrebbero allungato i tempi. Stando a quelli annunciati all'indomani della tragedia, il nuovo Morandi si sarebbe fatto «in otto mesi» secondo Autostrade, poi entro «ottobre-novembre 2019», secondo Toninelli e il vicepremier Luigi Di Maio. Infine si è arrivati agli ultimi pareri circolati tra gli esperti, che parlano addirittura di «2021». Oggi, all'indomani del decreto che dovrebbe consentire di ricostruzione velocemente, sulle tempistiche è calato il buio: «È difficile dare una risposta precisa sui tempi». Soprattutto a causa del «sequestro dell'area», che è ancora in corso per via dell'indagine, come ha rimarcato Toninelli. Al quale però aveva già risposto indirettamente la stessa Procura di Genova invitandolo a non usarla come alibi su una eventuale dilatazione dei tempi. Il caos.

Ma è stata anche l'Antitrust, ieri, a bocciare il diktat contenuto nell'articolato che esclude un buona fetta del settore delle costruzioni dai lavori: «Se nell'attuale situazione l'affidamento tramite procedura negoziata appare giustificato, tale modulo dovrà essere limitato a quanto strettamente necessario a far fronte alle condizioni di urgenza e indifferibilità dell'intervento di ricostruzione e dovrà essere, in ogni caso, rispettoso dei principi di trasparenza e di non discriminazione». Tradotto, dalla ricostruzione non vanno escluse le imprese che abbiano legami con concessionari diversi da Autostrade. Un nuovo nodo da sciogliere.

Per decreto.

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