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E il fronte abortista avanza in tutto il mondo

Dal Canada (che discrimina chi dissente) a Cuba: sono 55 milioni i bambini non nati

E il fronte abortista avanza in tutto il mondo

Roma - L'interruzione di gravidanza marcia a ritmo serrato verso la globalizzazione. I numeri fanno paura. Oltre 55 milioni di aborti l'anno (la fonte è la prestigiosa rivista scientifica The Lancet). Di questi, però, sempre secondo la rivista americana, poco meno della metà (25 milioni) sarebbero praticati in modo poco sicuro con gravi rischi per le donne. Forse è dietro questo alibi che molti Paesi stanno forzando le legislazioni per allargare le maglie normative in favore di un più libero accesso all'interruzione di gravidanza.

In alcuni casi si arriva addirittura a creare una sorta di terreno fertile per chi voglia abortire. Come in Canada, ad esempio. Il governo liberale guidato da Justin Trudeau si è spinto fino al punto di proporre la negazione di fondi statali alle associazioni che non accettano di firmare protocolli in cui si dichiarano favorevoli all'aborto. Nel Paese nordamericano le onlus cattoliche sono quindi scese sul piede di guerra contestando la proposta come «discriminatoria». Nei vicini di casa di Trudeau il problema pare sia la Corte Suprema con le sue sentenze definite «troppo liberali». Ed ecco che molti stati (dalla California al Massachussets) cercano di parare i colpi di una legalizzazione troppo ampia dell'aborto proponendo la distribuzione gratuita per tutte le studentesse della pillola del giorno dopo (la Ru 486). Un'altra Corte Suprema è nell'occhio del ciclone in questi giorni. Si tratta di quella brasiliana chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità di due norme (le leggi 124 e 126) che di fatto rendono ancora illegale l'aborto nel Paese carioca. Sempre in questi giorni è in atto un vivace dibattito politico in Argentina, dove la riforma del codice penale potrebbe portare la depenalizzazione dell'interruzione di gravidanza. La Camera bassa, infatti, a giugno aveva dato il via libera alla norma che di fatto depenalizza l'aborto, ma il Senato due mesi dopo ha sonoramente bocciato la riforma. Portando il Paese a farsi teatro di grandi manifestazioni di piazza.

Spostandoci a Oriente le cose cambiano poco. In Corea del Sud, per esempio, oltre 200mila persone hanno firmato una petizione per chiedere la depenalizzazione dell'interruzione di gravidanza. E questo nonostante il Paese soffra negli ultimi lustri un forte calo delle nascite. Il Paese asiatico infatti è stato teatro negli anni Settanta e Ottanta di una vivace campagna di controllo delle nascite. Sotto lo slogan «Due sono troppi» si è provveduto a una capillare distribuzione di pillole anticoncezionali e di profilattici, fino al punto di avviare una vasta campagna di sterilizzazione. Siamo lontani ovviamente dalla pratica pervasiva dell'interruzione di gravidanza a Cuba, uno dei Paesi pionieri della legalizzazione dell'aborto. Nell'isola caraibica fin dagli anni Sessanta la pratica abortiva è cresciuta a ritmo costante fino agli anni Ottanta per poi fermarsi grazie all'uso sempre più frequente della pillola Ru 486. Anche laddove i legislatori restano refrattari alla depenalizzazione, come in Perù, si assiste a massicce campagne pubblicitarie a favore del controllo delle gravidanze. C'è anche chi ha fatto una pressante pubblicità al Misoprostolo, farmaco che solitamente viene usato per la prevenzione delle ulcere gastriche, ma che è capace nelle donne incinta di portare all'interruzione della gravidanza. Da noi in Europa il caso più recente è la Repubblica irlandese.

Dopo il referendum di maggio che ha dato via libera alla depenalizzazione il governo sta mettendo mano alla legge, con il rischio «contagio» per la vicina Irlanda del Nord.

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