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E la giunta-laboratorio di Livorno rischia di cadere sulle carte false

Il sindaco Nogarin sta per perdere la maggioranza: due consiglieri hanno mentito sui tributi comunali

E la giunta-laboratorio di Livorno  rischia di cadere sulle carte false

Massimo Malpica

Roma E ora la conquista della roccaforte rossa - strappata a 70 anni di governo comunista e post-comunista dal più clamoroso colpo elettorale del M5S alle amministrative - rischia di trasformarsi in un boomerang per i pentastellati.

La giunta di Filippo Nogarin a Livorno è ancora una volta in bilico. E un tonfo nella città labronica potrebbe pesare negativamente anche nella corsa per il Campidoglio, dove la candidata grillina Virginia Raggi è data favorita dai sondaggi. Strana parabola quella dell'ingegnere aerospaziale prestato alla politica Nogarin. Considerato, a differenza del parmense Pizzarotti, un fedelissimo di Beppe Grillo, Nogarin è passato in due anni dal trionfo al ballottaggio - quando ha sorpassato e travolto il Pd, grazie all'appoggio di tutte le opposizioni - al crollo nel gradimento cittadino, mentre Livorno continua il suo declino. Anche sul fronte interno le cose non sono andate bene, con quattro consiglieri M5S che hanno cambiato casacca, lasciando a Nogarin una risicata maggioranza (17-16 con il voto del sindaco).

L'ultima rogna è di questi giorni: quattro consiglieri - due di maggioranza, tra questi il capogruppo di M5S - rischiano di decadere perché al momento dell'insediamento - secondo un esposto anonimo - avrebbero falsamente certificato di essere in regola con i tributi comunali. E tra i non eletti in odore di subentro, ci sarebbe almeno una dissidente. La maggioranza, insomma, rischia di sfaldarsi.

D'altra parte, secondo i tanti delusi dalla giunta Nogarin, la Livorno a Cinque Stelle si è già sfaldata, se in 23 mesi le promesse della campagna elettorale sono rimaste sulla carta. Livorno doveva essere uno dei laboratori del reddito di cittadinanza, tra i totem del movimento. Nella pratica, il tutto si è risolto in un bando per cento richiedenti (35 dei quali stranieri) che assegnerà 500 euro al mese - senza rendicontazione - per sei mesi. Per finanziarlo, la giunta Nogarin ha soppresso 480 «social card», che vincolavano l'uso dei fondi a spesa alimentare e bollette. Da passo del gambero anche l'annunciata gratuità del trasporto pubblico per i disoccupati - ancora nel libro dei sogni, mentre sono state soppresse linee e sono cresciute le tariffe per la ztl - e l'azzeramento dell'addizionale Irpef per i redditi bassi (portata invece al massimo per tutte le fasce di reddito). Su tutto, anche la contestata decisione di trascinare l'Aamps, l'azienda municipale per i rifiuti, al concordato preventivo, dopo aver nominato un cda dopo l'altro. L'ultimo è composto da milanesi, tanto da riunirsi direttamente nel capoluogo lombardo, mentre l'advisor legale è un avvocato genovese (che ha anche nominato un cda su delega di Nogarin). Dettagli geografici sufficienti a far pensare a molti, in città, che la regia dell'operazione-colonizzazione sia stata dei vertici M5S più che del sindaco. Finito nel mirino anche per la consulenza da 20mila euro assegnata dal direttore del Teatro Goldoni - Marco Leone, nominato direttamente da Nogarin, di cui è amico - alla società di un militante pentastellato livornese.

«Siamo passati dalla padella alla brace», sospira la coordinatrice provinciale di Forza Italia, Maristella Bottino. «In due anni questa amministrazione non ha ancora saputo spiegare che modello di città vuole, e sarebbe ora di farlo.

Purtroppo in mancanza di cultura amministrativa, e quindi di idee, Nogarin preferisce andare avanti per proclami e vuoti annunci».

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