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E Minniti apre il "corridoio elettorale". I primi 160 profughi arrivano in aereo

Prelevato gruppo di richiedenti asilo dalle coste libiche

E Minniti apre il "corridoio elettorale". I primi 160 profughi arrivano in aereo

Lo chiamano corridoio umanitario, ma è un tardivo stratagemma politico elettorale. Non preoccupiamocene troppo. Il corridoio umanitario-elettorale aperto dal ministro Marco Minniti con la collaborazione di Cei e Alto Commissariato Onu non causerà grossi disastri. Anche se replicato di mese in mese porterà in Italia al massimo qualche migliaio di migranti. Una goccia nel mare rispetto al mezzo milione approdato sulle nostre coste dal 2013. L'unica differenza la faranno, nelle speranze del ministro, i voti recuperati da lui e dal suo stremato partito. Voti recuperati in quelle aree della sinistra cattolica e della gauche caviar tramortite dalla spregiudicata determinazione con cui lo stesso Minniti ha dichiarato guerra alle Ong, delegato alla guardia costiera di Tripoli un surrogato di politica dei respingimenti e stretto accordi con governo e milizie libiche per arginare il traffico di uomini.

Dopo il contentino natalizio agli elettori Minniti dovrà, però, rimettere mano alla rettifica delle disastrose politiche d'accoglienza perseguite dai governi del Pd. Il lavoro non gli manca. Il decremento negli sbarchi, pari al 33 per cento rispetto al 2016, è significativo, ma non risolutivo. Anche quest'anno l'Italia deve infatti garantire vitto e alloggio a 119mila nuovi «ospiti», in gran parte irregolari. E soprattutto deve sbrigare i surplus del passato. A inizio mandato Minniti promise espulsioni più efficaci grazie all'apertura di centri di rimpatrio (Cpr) regionali in grado di garantire oltre 1.200 posti. A un anno di distanza la promessa resta irrealizzata. I Cpr pienamente operativi sono appena cinque e non assicurano per ora più di 400 posti. Duecento in meno di quanti ne garantivano nel 2015 i vecchi Cie, cancellati dal ministro. L'internamento di chi riceve il foglio di via resta così assai complesso rendendo impossibile un'efficace politica di rimpatri. Ma anche il rintracciamento degli irregolari procede con difficoltà.

La tardiva applicazione delle misure d'identificazione durante il mandato di Angelino Alfano ha disperso sul territorio decine di migliaia di fantasmi di cui ignoriamo identità e nazionalità. Al 15 novembre 2017, stando ai dati comunicati dallo stesso Minniti, erano stati rintracciati 39mila 634 migranti irregolari. Alla fine, però, solo 17mila e 405, cioè meno della metà, sono tornati a casa. E anche questo dato, già insufficiente, va ulteriormente ridimensionato. Ben 10.628 dei 17mila 405 «rimpatriati» sono stati semplicemente respinti alla frontiera. Quindi il numero dei clandestini effettivamente rispediti in patria è di 6.777. Una goccia nel mare. In questo settore Minniti sconta la difficoltà di concludere accordi efficaci con le nazioni africane che molto spesso disattendono le intese rifiutando di riconoscere l'origine dei propri cittadini.

Le iniziative sarebbero molto più efficaci se Minniti riuscisse a convincere Bruxelles a stipulare accordi comuni. Ma in questo settore il ministro ha difficoltà a farsi ascoltare. Anche perché i due partner più importanti, ovvero Parigi e Berlino, pensano più a smaltire che non ad accogliere. Quest'anno la Germania ha deportato oltre 22mila migranti. In Francia - dove secondo l'omologo di Minniti Gérard Collomb «chi ha perso il diritto d'asilo va sistematicamente espulso» - i migranti messi alla porta nel 2017 superano quota 28mila.

Fatti e cifre su cui devono riflettere tutti gli illusi convinti che l'esempio dei corridoi umanitari dalla Libia inaugurato da Minniti possa venir seguito da altri paesi europei.

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