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E il "New York Times" trasforma un terrorista in un futuro leader

La storia di Barghouti: condannato a 5 ergastoli ora lotta per le condizioni dei carcerati in Israele. E il mondo dimentica

E il "New York Times" trasforma un terrorista in un futuro leader

Marwan Barghouti è un terrorista condannato da Israele nel 2004, dopo la seconda Intifada, a 5 ergastoli e più di 40 anni di carcere. Invece il New York Times lo ha definito solo «leader e membro del parlamento», pubblicando una melensa colonna sull'attuale sciopero della fame nelle prigioni israeliane. Il commento sul maggiore giornale americano di fatto lo ricandida per l'ennesima volta nel ruolo di leader coccolato dall'Occidente almeno quanto Abu Mazen. E si guarda bene dal menzionare la sua vera carriera, quella di assassino seriale. Strano? Per niente, nella logica che fa di Israele un Paese in cui è normale vedere cadere a schiera cittadini innocenti in stragi terroriste. Netanyahu ha detto: «Definire così Barghouti e come definire Assad pediatra».

Il contesto del lapsus del maggiore giornale americano è uno sciopero della fame di circa mille condannati palestinesi sui 6mila dietro le sbarre. Le richieste sono tipiche di tutti i movimenti disegnati sulla più classica immagine del detenuto che vuole migliorare la sua condizione. Ma lo sfondo ha una tinta tutta particolare, quella che gli dà la leadership di Barghouti: il leader dei Tanzim e delle Brigate di Al Aqsa, il braccio violento di Fatah nella seconda Intifada, condannato per i crimini. Cioè per la gestione di una delle fasi più sanguinarie della storia del Fatah, che portò a quasi 2mila morti.

Barghouti era un giovane (è del 1959) leader nazional popolare, chi scrive l'ha intervistato più volte, e l'ha trovato ciarliero e sorridente, abile nel gestire la sua popolarità fra fiancheggiamenti di Arafat nelle trattative come nel terrore, ma populista contro la corruzione della classe dirigente. La cronista lo intervistò in una casa nel cui cortile a Ramallah razzolavano le galline, e i suoi armati fino ai denti, la tallonavano fin dentro la cucina in cui si svolse l'incontro. Era una specie di allegro camorrista nazionalpopolare, ma in realtà abile assassino di decine di persone. In carcere è diventato sempre più importante e sempre più inviso ad Abbas, che ha escluso lui e i suoi amici dai ruoli cui Barghouti pensa di avere diritto. Il gioco tende a ricollocarlo a una quota di potere molto elevata, competitiva con Abu Mazen. È un gioco rischioso, perché dipende dai risultati che lo sciopero riuscirà a ottenere, e quindi dalla risposta degli israeliani che non sono inteneriti dalle richieste dei carcerati. A giudicare però dal New York Times, ci sarà chi sosterrà lo sciopero, anche se già in Israele si ripete che le condizioni carcerarie sono assai rispettabili.

Barghouti comunque è stato astuto di nuovo: ha scelto la via della protesta nazional popolare verso la leadership che lui ha sempre visto, come un compito insanguinato.

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