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E ora è zuffa diplomatica per la stanza dei bottoni

Fermento a Palazzo Chigi per il nuovo consigliere per gli Esteri. Gli ambasciatori in pole

E ora è zuffa diplomatica per la stanza dei bottoni

Roma - Se non è una zuffa diplomatica poco ci manca. Tra le pedine più delicate, nella configurazione degli uffici strategici di palazzo Chigi, c'è quella di consigliere per gli affari internazionali del presidente del consiglio. Figura strategica per chi, come Giuseppe Conte, deve affrontare per la prima volta i grandi consessi mondiali.

Qui è partita la corsa a prendere il posto di Maria Angela Zappia, che ha svolto l'incarico con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Ecco allora spuntare fuori una pattuglia di feluche che tentano di far leva sulle loro conoscenze per entrare nella stanza dei bottoni. Tra i profili più accreditati c'è Luca Ferrari, dal 2016 ambasciatore in Arabia Saudita. Già frequentatore degli uffici di gabinetto degli ex ministri degli Esteri Gianni De Michelis e Lamberto Dini, Ferrari è poi transitato per la Farnesina, dove è stato ai vertici della Direzione per la mondializzazione con gli allora ministri Emma Bonino e Paolo Gentiloni. Insomma, ha maturato una trasversalità che potrebbe tornargli utile. Un suo sfidante di peso sarebbe Pasquale Salzano, già capo delle relazioni istituzionali dell'Eni e oggi ambasciatore in Qatar. Sconfitto nella corsa alla Farnesina da Enzo Moavero Milanesi, Salzano tenta di rientrare come consigliere diplomatico di Conte facendo leva su due sponsor. Quello più noto è Vincenzo Spadafora, braccio destro di Luigi Di Maio; quello meno noto è Stefano Sannino, attuale ambasciatore italiano in Spagna e già consigliere diplomatico di Romano Prodi a palazzo Chigi. Dietro a questi due profili, che vengono dati in pole position per sussurrare a Conte, ci sarebbero altri due ambasciatori, Aldo Amati e Stefano Pontecorvo, di stanza rispettivamente in Repubblica ceca e Pakistan. Entrambi sono considerati vicini a Giampiero Massolo, anche lui sconfitto nella corsa a un posto di Governo.

Tutto questo, ça va sans dire, si aggiunge alla partita principale, quella della scelta del nuovo segretario generale di Palazzo Chigi, figura da cui dipende tutta la macchina organizzativa. Sul punto Conte si confronta con lo sviluppo degli equilibri tra Lega e Cinque Stelle. Attualmente il ruolo di segretario generale è rivestito da Paolo Aquilanti, già capo del Dipartimento per i rapporti con il Parlamento con Maria Elena Boschi, poi arrivato a palazzo Chigi con Renzi e confermato da Gentiloni. A quanto pare Aquilanti starebbe tentando di guadagnare qualche mese di resistenza nell'incarico, facendo sponda con Roberto Cerreto, altro boschiano oggi al capo dello strategico Dagl di palazzo Chigi, ossia il Dipartimento affari giuridici e legislativi. Ma è difficile che col vento pentaleghista l'operazione vada a buon fine. Tra i papabili per il ruolo di segretario generale c'è Gennaro Terracciano, napoletano come Luigi Di Maio e avvocato amministrativista che Conte conosce molto bene. Del resto Terracciano è titolare di uno studio legale con Angelo Piazza, ex ministro dalemiano alla funzione pubblica. In ballo c'è anche Vincenzo Fortunato, già collaboratore di vertice di amministrazioni di vario colore politico e già capo di gabinetto di Giulio Tremonti, l'ex ministro dell'Economia i cui rapporti con Forza Italia negli anni si sono deteriorati spingendolo sempre di più verso l'area leghista. In corsa per la poltrona di segretario generale, infine, è segnalato Carlo Deodato, che già dirigeva il Dagl quando Renzi lo estromise preferendogli la vigilessa Antonella Manzione.

Per questo il nome di Deodato circola anche come possibile nuovo capo dello stesso Dipartimento affari giuridici.

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