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E Penati accusa il Pd: "Io cacciato in un lampo. Con altri mano leggera"

L'ex braccio destro di Bersani accusa Renzi

E Penati accusa il Pd: "Io cacciato in un lampo. Con altri mano leggera"

Milano - Garantismo che va e che viene, giustizialismo a corrente alternata: insomma, due pesi e due misure. Quando il Partito democratico si trova a fare i conti con i guai giudiziari dei suoi esponenti, non tratta tutti allo stesso modo. C'è chi come Renato Soru viene tenuto a galla fino all'ultimo, c'è chi viene scaricato al primo avviso di garanzia.

A lamentare questa disparità di prassi è ieri un uomo che del Gotha del Pd ha fatto parte a lungo: Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano e capostaff dell'allora segretario Pier Luigi Bersani. Penati è stato prima indagato e poi assolto per corruzione. «Il 5 settembre 2011 dopo soli 45 giorni dall'avviso di garanzia la commissione nazionale di garanzia, senza neppure ascoltarmi, mi cancellò dall'anagrafe degli iscritti del Pd. Luigi Berlinguer, che allora ne era il presidente, rilasciò, per l'occasione, tra le altre, le seguenti dichiarazioni: La corruzione non deve minimamente sfiorare il Pd. Fino al momento della sentenza l'attività di Penati è fuori dal partito».

«Sono stato assolto con formula piena e il Pd, nei miei confronti, ha ritenuto di non cambiare nulla, mentre Soru era segretario del Pd sardo fino alla condanna. Fu ingiusto, allora, espellermi sulla base del solo avviso di garanzia. Ma considero altrettanto sbagliato che personalità politiche, se rinviate a giudizio per reati di una certa gravità, non si dimettano dagli incarichi di partito e istituzionali per affrontare da semplici cittadini il loro processo.

Io, appena ricevuto l'avviso di garanzia, mi sono autosospeso dal partito e dimesso da tutti gli incarichi».

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