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E Sgarbi sbatte la porta della giunta Musumeci

Il critico d'arte lascia l'assessorato dei Beni culturali in Sicilia e accusa: «Sono stato cacciato»

E Sgarbi sbatte la porta della giunta Musumeci

Antonello incontra Laurana, ma Nello non incontra Vittorio. Finisce a margine di una mostra originale quanto lo è lui l'esperienza di Vittorio Sgarbi come assessore alla Cultura della Regione Siciliana. «Me ne vado, ma non di mia iniziativa, sono stato cacciato fuori», sbotta il critico d'arte prestato alla politica, eletto alla Camera alle ultime elezioni. Proprio lo sbarco a Montecitorio, non compatibile con l'incarico nella giunta dell'Isola, sembrava indicare la fine della sua esperienza con Musumeci. Ma ieri Sgarbi, presentando «Antonello incontra Laurana», la mostra che al museo Abatellis di Palermo mette uno di fronte all'altro due capolavori del Quattrocento, l'Annunciata di Antonello da Messina e il Busto di Eleonora d'Aragona di Francesco Laurana, ha spiegato chiaro e tondo che la scelta non era scontata. E che non è nemmeno sua. «C'era un patto - ha spiegato parlando ai giornalisti - in base al quale sarei rimasto assessore in Sicilia, anche se eletto al Parlamento, e che me ne sarei andato solo se fossi diventato ministro». Ipotesi che, spiega lo stesso assessore «uscente», sembra ormai remota in quanto «sgradito» ai grillini, attaccati anche ieri («non capiscono niente»). Ma lo spazio per restare in giunta non c'è più, per volere del governatore, Musumeci. «Mi aveva detto, Vittorio dobbiamo parlarci perché c'è una situazione insostenibile», racconta Sgarbi. «Ma - prosegue - non è stato affatto cortese con me. Gli ho detto, va bene, domani vengo, e lui ha detto no, decidi di andartene». Insomma, una «scortesia». Che giustifica, per il responsabile della cultura siciliana, un «piccolo ricatto»: «Il 27 viene il potente mecenate che deve dare 39 milioni per Selinunte, non li dà a me, ma tratterà con me. Se me ne vado con chi tratterà? Se fossi Musumeci mi chiederei di restare fino a quando l'operazione non sia conclusa». Di suo, il critico d'arte se ne andrà solo «quando lo consente il regolamento del Parlamento». Ossia dopo i trenta giorni concessi dalla giunta per le elezioni una volta constatata l'incompatibilità tra gli incarichi. A occhio, inizio maggio. Ma «sia chiaro - taglia corto Sgarbi - che non rimango per questa c...

di poltrona, dove non mi sono mai seduto, ma perché mi pare bello che quello che ho iniziato si porti a compimento».

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