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E Toninelli fa fuori anche il capo di Anas

E Toninelli fa fuori anche il capo di Anas

Roma. L'amministratore delegato di Anas Gianni Vittorio Armani ha rassegnato ieri le proprie dimissioni assecondando la richiesta del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che ha comunicato all'ad del concessionario stradale la sua intenzione di non proseguire nel processo di fusione Anas-Ferrovie. Armani ha preso atto della decisione, e dell'apprezzamento a lui rivolto per il lavoro fatto, e ha ritenuto quindi opportuno lasciare l'incarico.

In un'audizione tenuta a settembre alla Camera Toninelli aveva anticipato che «l'integrazione tra Fs e Anas non è giustificata da alcuna sinergia» e per questo le due società dovranno essere nuovamente separate. Il titolare del dicastero di Porta Pia aveva sottolineato l'opportunità di valutare le modalità della scissione: internamente al gruppo ferroviario o tramite decreto. Restano, però, in carico i restanti componenti del cda di Anas: il presidente Ennio Cascetta e i consiglieri Cristiana Alicata, Vera Fiorani e Antonella D'Andrea, designati dal precedente esecutivo.

L'accelerazione di Toninelli, tuttavia, aveva alimentato alcune indiscrezioni sulla volontà pentastellata di accaparrarsi un'altra poltrona di prestigio dopo lo spoil system applicato alle Ferrovie e Alla cassa Depositi e Prestiti. Tanto più che Anas era stata oggetto di interrogazioni parlamentari presentate dal Movimento.

Resta, tuttavia, da comprendere quali potrebbero essere i riflessi di una nuova separazione societaria sul gruppo Ferrovie dello Stato Italiane nel momento in cui la società ha presentato un'offerta vincolante (seppur con molti paletti) per Alitalia. Ieri Fitch ha sottolineato che l'impatto sul rating «BBB» deriva «sia dalle caratteristiche e dai termini dell'operazione Alitalia sia dall'eventuale sostegno ad un'inversione di marcia nella performance finanziaria della compagnia aerea». Fitch prevede che il debito lordo di Ferrovie crescerà dai 12 miliardi al giugno 2018 fino a 15 miliardi entro il 2020. Secondo Fitch, l'acquisto di una parte o di tutta Alitalia non dovrebbe far alzare in ogni caso il debito di Ferrovie sopra tale soglia ma « ridurrebbe lo spazio di manovra per assorbire eventuali futuri picchi nel debito legato a spese in conto capitale».

GDeF

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