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Ecco mamma Meloni: "I miei primi 100 giorni con la piccola Ginevra"

La leader di Fdi: "Ora mi sento molto più forte. La gente mi spedisce scarpine all'uncinetto"

Ecco mamma Meloni: "I miei primi 100 giorni con la piccola Ginevra"

Roma - Onorevole Giorgia Meloni, sono passati poco più di cento giorni dalla nascita di Ginevra. Qual è il primo bilancio?

«Mi sento un'altra persona. È cambiato il mio punto di vista, le priorità, l'importanza che assegno alle cose».

Si sente più forte o più vulnerabile?

«Molto più forte. Ho un'immagine di donna aggressiva e determinata. Nella realtà sono vulnerabile e piena di paure, spesso non mi sono sentita all'altezza, ho sempre avuto la necessità di dimostrare qualcosa. Ora al contrario sento di non avere paura di nulla che non riguardi mia figlia, è come se le mie ansie si fossero azzerate. È come se maturata la consapevolezza che se sei riuscita a generare la vita, potessi fare qualsiasi cosa».

Si è sentita subito all'altezza della nuova sfida?

«No, soprattutto il primo mese, ma mi sono resa conto che in fondo siamo programmate per questo».

Qualcuno le ha dato consigli utili?

«Un pediatra. Mi ha detto: ognuno si sentirà in diritto di dire la sua. Lei segua il suo istinto e vedrà che farà bene».

Cosa è cambiato nel suo rapporto con la politica?

«Il rapporto con il tempo. La politica all'interno dei partiti a volte è il regno del perdiamo tempo, ma adesso più che mai io sono portata a sintetizzare e tagliare».

Tante mamme costrette a conciliare lavoro e maternità si ritrovano di fronte a ostacoli enormi.

«Io sono una privilegiata, guadagno bene, posso contare su collaboratrici affettuose che mi danno una mano quando la porto in Parlamento e su mia sorella. Detto questo la società è inadeguata. Fin dal 2006 ho presentato proposte in Parlamento per aiutare la natalità e la maternità. Ora raddoppierò gli sforzi».

Si considera una mamma apprensiva?

«No. Lascio la bimba anche ad altri senza problemi. In questo devo ringraziare Andrea che è un padre eccezionale, mia madre e i genitori di Andrea».

La sua vita oggi si svolge tra Roma e Milano?

«Sì, Andrea lavora a Milano. Consideri che il primo treno con Ginevra l'ho preso quando lei aveva 12 giorni e a Natale ho fatto la vigilia a Milano e il 25 sono tornata a Roma con il treno delle 9».

Sono stati i mesi più faticosi della sua vita?

«Sì, soprattutto il primo, anche perché non ho la possibilità di mettermi in maternità».

Come fa a conciliare maternità e politica?

«Si tratta di organizzarsi. Io faccio allattamento esclusivo al seno quindi ogni quattro ore devo fermarmi».

Lei da ragazza fece la babysitter per Fiorello.

«Sì, ma non ho mai seguito bimbi sotto i tre anni».

Qual è la rinuncia che le pesa di più?

«Il rapporto con il territorio».

Come visse l'ondata di cattiverie dopo l'annuncio della maternità al Family Day?

«Ci fu chi mi augurò di abortire. Mi sentii inadeguata per avere esposto la bimba a questa cattiveria, come se non fossi in grado di proteggerla. Mi fece male, molto».

Qualcosa che non si aspettava e che le ha fatto piacere?

«Le tante scarpette all'uncinetto o le copertine che mi spediscono persone sconosciute da tutta Italia».

Teme una nuova campagna elettorale per il Campidoglio?

«Sì, ma una mia ricandidatura non sarebbe scontata. Detto questo spero per Roma che non si torni a votare perché sarebbe il colpo di grazia».

Cosa ricorda della campagna elettorale romana?

«Uniti saremmo arrivati al ballottaggio e avremmo dato una spallata a Renzi. Purtroppo prevalsero questioni lontane dall'interesse per il governo della città».

Lei è al lavoro per la manifestazione del 28 gennaio con cui chiedete il voto.

«Ciò che sta accadendo è incredibile e gravissimo. Gli italiani il 4 dicembre hanno detto in maniera chiara che non vogliono le riforme di Renzi, che non vogliono essere trattati come pupazzi da spremere con tasse usate come marchette in campagna elettorale. Sento dappertutto persone indignate.

Gli dico di unirsi a noi e scendere in piazza contro il governo Gentiloni, altrimenti perderanno il diritto di lamentarsi per i prossimi 150 anni».

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