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Ecco perché Renzi non è l'Emmanuel italiano

L'ex premier è uomo di partito, Macron no. E sa ascoltare, dote che manca a Matteo

Ecco perché Renzi non è l'Emmanuel italiano

Roma - La vittoria di Emmanuel Macron al primo turno delle presidenziali francesi ringalluzzisce Matteo Renzi. L'ex premier già da settimane lavora a una nuova narrazione sul parallelismo tra lui e il candidato francese, ed è pronto a sfruttarne la scia per accelerare le elezioni in Italia facendo fuori quel che resta di sinistra nel Pd. Soltanto che, per quanto si sforzi di raccontare come i due si assomiglino, abbiano le stesse idee, siano due gemelli separati dalle Alpi, di fatto le differenze personali, caratteriali e di percorso tra Renzi e Macron sono enormi. La settimana scorsa, ospite di Annalisa Bruchi a Night Tabloid su Rai2, Renzi raccontava una sorta di scambio di figurine tra lui e Macron spiegando che l'amico francese gli aveva preso in prestito l'idea della Leopolda, lui gli aveva copiato il nome del suo movimento «En Marche!» nello slogan «In Cammino». Senza però spiegare che anche se la kermesse di Macron fosse stata davvero ispirata alla Leopolda renziana, quella è servita a prendere le distanze dai vecchi partiti francesi, quella fiorentina per scalare il Pd.

I punti che allontanano sideralmente Renzi da Macron sono i partiti e la carriera dei due. Quisquilie per chi punta a governare un paese. Renzi è cresciuto nella Dc, è transitato nel Partito popolare italiano, poi è passato nella Margherita per arrivare al Pd. Macron è stato sempre fuori dai piani alti dei partiti. E anche quando la scorsa primavera ha deciso di correre alle presidenziali, ha creato il movimento En Marche! lontano da qualsiasi partito esistente.

Il percorso professionale e la carriera tra i due è all'opposto. Renzi è stato praticamente in politica da quando è nato, appena maggiorenne iscritto al Ppi dove diventa segretario provinciale di Firenze nel 1999, poi coordinatore della Margherita, per cinque anni presidente della provincia di Firenze (dal 2004 al 2009) e per altri cinque sindaco di Firenze (dal 2009 al 2014). Infine, segretario nazionale del Pd e premier. Macron al contrario, dopo essersi diplomato alla prestigiosa Ena (École nationale d'administration) è stato ispettore delle finanze, banchiere d'affari in Rothschild, segretario generale aggiunto di François Hollande e soltanto il 26 agosto 2014 ministro dell'Economia.

Infine il carattere. Se Renzi ha fama di avere un cattivo carattere, di non voler ascoltare nessuno e si è creato antipatie a destra e sinistra, di Macron, François Henrot, che lo assunse alla banca Rotschild, ha raccontato che «non solo aveva delle capacità intellettuali straordinarie, ma anche caratteriali e relazionali che ne fanno una personalità veramente rara». Per uno dei suoi scopritori, Jacques Attali, Macron è «molto competente, serio, intelligente, aperto, capace di ascoltare gli altri e quindi in grado di prendere il meglio da chiunque, che sia di destra o di sinistra non importa». Senza dimenticare che Macron ha lasciato volontariamente la guida del ministero lo scorso agosto per annunciare soltanto tre mesi dopo la candidatura alle presidenziali. Renzi dopo la rovinosa sconfitta al referendum dello scorso dicembre è stato praticamente costretto ad abbandonare Palazzo Chigi.

Ci sarebbe molto più parallelismo tra l'ex premier italiano e l'ex premier francese Manuel Valls con il quale si fece fotografare abbracciato, entrambi in camicia bianca, alla festa dell'Unità di Bologna nel settembre del 2014.

Vista la fine che ha fatto Valls, battuto alle primarie del partito socialiste lo scorso gennaio da Benoît Hamon che domenica è giunto quinto alle elezioni con appena il 6,3% dei consensi, meglio cambiare cavallo.

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