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Ecco le tre ipotesi sul tavolo per la pensione anticipata

Chi paga: il lavoratore (fino al 30%) per il ritiro volontario, lo Stato per chi resta disoccupato o le aziende in caso di ristrutturazione

Ecco le tre ipotesi sul tavolo per la pensione anticipata

Sì a una riforma delle pensioni che preveda un'uscita più flessibile «anche con la previsione di ragionevoli penalizzazioni, nonché interventi, anche selettivi, in particolare nei casi di disoccupazione involontaria e di lavori usuranti». A volte anche una risoluzione di maggioranza approvata insieme al Def può dare un'indicazione precisa di cosa intende fare il governo.

In questo caso la frase contenuta nel testo passato ieri alla Camera è una sintesi dei piani di Palazzo Chigi per la previdenza. In sintesi, un mix tra la proposta targata Pd di Cesare Damiano e quindi anche quella Boeri e l'idea del «prestito» previdenziale. Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza ed esperto di fiducia di Matteo Renzi, ha illustrato con precisione il progetto in un'intervista al Messaggero. Segno che la proposta è ormai ufficiale.

In sintesi, ci saranno tre percorsi possibili. La famosa «nonna» citata dal premier Renzi mesi fa, quella che vorrebbe ritirarsi volontariamente dal lavoro prima per stare con i nipoti, pagherà per intero la sua scelta. Quindi la sua pensione subirà un taglio che presumibilmente sarà superiore a quelli previsti dalla proposta Damiano che prevede al massimo una riduzione dell'8% per quattro anni di anticipo. Più probabile il temutissimo taglio del 30%, quindi un ricalcolo interamente contributivo dell'assegno.

Per altre due categorie di lavoratori sono previste penalizzazioni minime. In particolare per chi ha perso il lavoro a ridosso della pensione perché è stato licenziato. In questo caso la penalizzazione la paga interamente lo Stato. Poi i lavoratori mandati in pensione per ristrutturazioni aziendali. L'anticipo che gli permetterà di avere una pensione quasi piena lo dovrebbero dare i datori. Un compromesso che dovrebbe accontentare le aziende, disposte a pagare i «prepensionamenti», piuttosto che farsi carico di lavoratori anziani.

Ma anche una soluzione per i costi. Per una quindicina di anni l'anticipo della pensione comporta maggiori costi, solo di cassa, per 5-7 miliardi di euro. Nannicini, che si sta occupando del dossier personalmente da mesi, ieri ha confermato che il governo intende ricorrere a una intermediazione del sistema finanziario. Quindi le banche. Ma anche l'Inps. Nessun cenno ai contributi della previdenza complementare.

Equilibrisimi pur di mantenere i conti in ordine. Ieri Camera e Senato hanno dato il via libera alla risoluzione di maggioranza sul Def. Passato anche il rinvio del pareggio di bilancio al 2019 contenuto nel Def. Ora tocca alla Commissione europea dire la sua.

Qualcosa potrebbe emergere già oggi dall'incontro tra Padoan e il vicepresidente dell'esecutivo Ue Vladis Dombrovskis.

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