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Ecco tutti i patti che Salvini infrange con i suoi elettori

Aveva giurato sul programma del centrodestra: ma ha tradito le sue promesse su flat tax, Tav e federalismo

Ecco tutti i patti che Salvini infrange con i suoi elettori

«Ho dato la mia parola. Abbiamo un contratto. Abbiamo tante riforme da completare». Il mantra di Matteo Salvini viene ripetuto dopo ogni elezione locale nella quale il centrodestra riporti una vittoria e anche il post-Sardegna non ha fatto eccezione: la principale preoccupazione è non infierire sull'alleato in evidente calo di consensi e preparare una sorta di ristrutturazione della coalizione con Forza Italia e Fdi.

Matteo Salvini, tuttavia, dimentica qualcosa. Nei fatti ha già tradito quel popolo di centrodestra che continua a decretarne il successo tenendo in vita un esecutivo che per il Paese ha prodotto più danni che benefici. «Di Maio cambia idea su tutto, dice una cosa la mattina, una la sera, una il pomeriggio», affermava solo un anno fa aggiungendo che «non c'è nessuna possibilità di dialogare con chi cambia idea ogni quarto d'ora». Un concetto ripetuto più volte. «Di Maio è solo un democristiano, ormai parla come Cetto La Qualunque», aveva poi dichiarato alla Stampa escludendo in prima persona «ogni accordo con il M5s». Oggi, invece, è tutto un ripetere «ho dato la mia parola e la mia parola vale cinque anni e non certo cinque mesi», «Di Maio non è più debole, si vince e si perde».

Ma in nome di che cosa sta combattendo il Capitano? Non certo per la flat tax, vero caposaldo del centrodestra, che nella legge di Bilancio è stata rivisitata sotto forma di estensione del regime dei minimi per partite Iva e professionisti sotto i 65mila euro di reddito. «La tassa unica, la tassa piatta, ridotta al 15%, ovunque sia stata applicata, ha ridotto il pagamento delle tasse di tutti e nel giro di tre anni ha garantito allo Stato maggiori introiti», proclamava Salvini a febbraio 2018 sostenendo che «se abbassi le tasse a tutti, evidentemente tornano in circolo dei soldi che poi si trasformano in posti di lavoro». La Lega sta provando a inserire una flat tax sui redditi incrementali nel 2020 (oltre al previsto rialzo della soglia dei minimi a 100mila), ma con 23 miliardi di clausole di salvaguardia da sterilizzare, abbassare la pressione fiscale è solo una pia illusione visto che bisognerà rifinanziare quota 100 e, soprattutto, il reddito di cittadinanza, una misura che con il centrodestra non ha nulla a che fare.

Anche in tema di federalismo, ragione sociale della Lega delle origini, il Carroccio ha parzialmente ammainato la bandiera in attesa di tempi migliori. La nostra proposta di riforma costituzionale prevede «l'inserimento in Costituzione del ruolo delle autonomie locali, dei Comuni e delle Regioni col principio del federalismo», sottolineò il vicepremier solo l'anno scorso premettendo che «se Luca Zaia e Roberto Maroni vanno a firmare il pre-accordo sull'autonomia di Veneto e Lombardia è perché la Lega è forte». Oggi la Lega è ancor più forte nei numeri e negli eletti, eppure quelle intese non hanno ancora trovato spazio in un ddl delega da far approvare al Parlamento perché l'alleato M5s che alle politiche ha fatto il pieno nel Mezzogiorno non vuol saperne del «progetto di una Italia federale». Eppure Matteo solo 365 giorni fa spergiurava che il federalismo «è scritto nero su bianco, e io conto di metterlo in atto: a me interessano i risultati». Evidentemente i risultati di interesse erano altri.

«Penso che collegarci al cuore dell'Europa per le nostre imprese sia fondamentale». Matteo Salvini durante le campagne elettorali 2017-2018 non ha mai parlato esplicitamente di Tav per una sorta di tatticismo. L'Alta Velocità Torino-Lione interessa in primo luogo il Nord, mentre altre Regioni aspettano altri interventi infrastrutturali. Il sì, tuttavia, era dato per scontato. Ieri in quanto ministro dell'Interno era addirittura in imbarazzo a replicare al governatore Chiamparino sull'opportunità di indire un referendum consultivo.

A proposito di referendum, anche la Lega voleva una riforma costituzionale che prevedesse «la possibilità per gli italiani di votare sui trattati europei e l'elezione diretta del capo dello Stato». Tutto rimasto nel cassetto così come le idee per «rilanciare la natalità, una priorità assoluta» per il Carroccio in versione patriottica. E meno male che Salvini aveva giurato sulla Costituzione e sul Vangelo di onorare questo contratto. La separazione delle carriere dei magistrati con l'istituzione di due Csm è finita in naftalina, troppo berlusconiana forse.

Eppure a dire «mi fido di Berlusconi, l'unica maggioranza possibile è quella di centrodestra» è stato proprio Matteo Salvini.

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