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Ecuador vota per uscire dal guado E la sinistra punta tutto su Lenin

Se vince l'opposizione Assange via dall'ambasciata a Londra

Ecuador vota per uscire dal guado  E la sinistra punta tutto su Lenin

Paolo Manzo

L'Ecuador che va al voto oggi per scegliere il successore di Rafael Correa - da oltre 10 anni presidente del Paese nonché inventore di una peculiare «rivoluzione cittadina» finanziata da Pechino e ideologicamente affine a quella chavista - è in crisi profonda. Nel 2016 il Pil ecuadoriano è crollato del 2,3%, quest'anno si prevede un ulteriore crollo del 2,7% (fonte Fmi) mentre la disoccupazione è raddoppiata ed i sotto-occupati ovvero chi lavora in nero ricevendo in cambio meno di 375 dollari al mese sono ormai il 25%.

Con un'economia dollarizzata prima di arrivare al potere Correa promise di tornare al sucre togliendo dalla circolazione il biglietto verde ma poi, forse per evitare di far la fine del Venezuela, se n'è scordato oggi con 375 dollari nella capitale Quito si muore di fame. Non bastasse la crisi, poi, il terremoto del 2016 ha fatto aumentare le tasse, facendo così precipitare il gradimento popolare di Correa dall'81% d'inizio primo mandato al 26% di oggi.

Per questo non è affatto scontato che Lenin Moreno, l'uomo scelto dal presidente uscente a succedergli, oggi vinca. È anzi quasi certo almeno a detta di tutti i sondaggi che si andrà al ballottaggio il prossimo 2 aprile e, in quel frangente, l'opposizione unendosi dovrebbe farcela. Anche perché, oltre alla crisi economica, il «socialismo del secolo XXI» in salsa ecuadoriana è stato travolto, ultimamente, da scandali in serie che hanno coinvolto direttamente Correa ed i suoi più stretti collaboratori. Basti pensare alle confessioni fiume dei manager della multinazionale brasiliana delle costruzioni Odebrecht di avere pagato 33 milioni di dollari in tangenti in cambio di mega-appalti, o allo scandalo di riciclaggio e fatture gonfiate che ha travolto Petroecuador, la statale del petrolio ecuadoriana.

«Andando nei quartieri più poveri a far campagna elettorale spiega un leader del movimento indigeno Pachakutik, dieci anni fa alleato della «rivoluzione cittadina» e oggi tra i suoi più strenui oppositori su mille persone con cui ho parlato solo 3 o 4 mi hanno detto che voteranno per Moreno». «Unico grande rischio - denuncia Pachakutik - sono i brogli, visto che nel tempo Correa è riuscito a mettere sotto scacco tutti i poteri dello Stato, compreso il Consiglio nazionale elettorale e la giustizia che oggi lui controlla in modo ferreo, come fa Maduro in Venezuela».

Interessante notare che se Moreno perderà, l'ospitalità nell'ambasciata ecuadoriana di Londra a Julian Assange non sarà prorogata: il fondatore di Wikileaks sarebbe arrestato alla sua uscita dall'edificio extraterritoriale.

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