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Emiliano prende tempo. Ma gli scissionisti già sognano l'Ulivo 2.0

Rossi e Speranza non andranno in Direzione. Nei piani c'è un nuovo soggetto con Pisapia

Emiliano prende tempo. Ma gli scissionisti già sognano l'Ulivo 2.0

Roma - Se il saggio indica la luna, si sa, lo stolto guarda il dito. Ora è chiaro che dalle parti del Nazareno la saggezza sia merce rara anzi sfuggita da un bel po'. A mettersi sulla soglia, come ora sono i tre scissionisti Emiliano, Rossi e Speranza, neppure ci si guadagna.

Rossi e Speranza non parteciperanno alla direzione di oggi, Emiliano ancora sfoglia la margherita fino all'ultimo petalo, in una guerra di logoramento dei nervi con un Matteo che «non risponde, non apre uno spiraglio, non dà un segno di ascolto e di rispetto». Il governatore sostiene di essere stato convinto che Renzi, nella replica, tenesse conto di quanto detto da lui ed Epifani. Ricostruzione «benevola» di un'Assemblea che invece Rossi descrive come «organizzata scientificamente per una bastonatura a chi non la pensa come il segretario». Rossi si considera già «fuori», così come il bersaniano Speranza. Se Emiliano si riserva di «sbattere la porta», Miguel Gotor precisa che «è già stata sbattuta in faccia, ma da Renzi». A sentir parlare ieri in Transatlantico alcuni dei pasdaràn renziani (Giacomelli, Morani, il capogruppo Rosato) non si stentava a credergli.

Sarebbe però sicuramente da stolti ridurre la «scissione a strascico» alla stregua della voglia di «partitino monocolore», come propaganda Rosato. Non tanto per i numeri dei primissimi sondaggi (dal 6,5 al 10,5 per cento secondo i più recenti; ma tutto dipenderà dalla legge elettorale, oltre che da quello che si dirà). Piuttosto, perché non è affatto questo il progetto che ha in mente D'Alema, riuscito in pochi mesi a convincere il prudentissimo Bersani e gli altri «avanguardisti» (Rossi ieri cercava di spiegarlo: «Altro che nuova Cosa rossa»). L'idea è quella più compiuta e grandiosa di un «nuovo inizio», assodato che Renzi non solo s'è impadronito del Pd, ma ha dimostrato anche grande capacità nel non mollarlo o renderlo più «partecipato». Ma se il Nazareno è invalicabile per una reconquista, si può sempre mirare a «svuotarlo dall'esterno» e far diventare Il partito renziano «pezzo marginale» di uno schieramento ampio. Operazione velleitaria quanto si vuole, ma non impossibile, e di sicuro coerente con le menti che l'hanno concepita. Sarebbe perciò un errore considerare i gruppi parlamentari che dovrebbero nascere la prossima settimana (50/60 deputati compresi gli scissionisti di Sel; una ventina di senatori), come semplici ascari del governo senza padrone e progetto. Il progetto c'è e si chiama «nuovo Ulivo», o Ulivo2, la vendetta se si preferisce. Il riferimento all'esperienza prodiana starà nei fatti, più che nel nome, per ora. La sua espressione parlamentare in fieri sarà via via declinata e organizzata assieme alla costruzione del Campo progressista di Pisapia. Non sfugga che braccio destro e sinistro dell'ex sindaco di Milano siano Gad Lerner e Franco Monaco, fedelissimi del Prof. Non va neppure tralasciato come tra gli esponenti che hanno parlato al teatro Vittoria ci fosse Silvia Prodi, consigliera regionale emiliana, nipote di Romano. Del quale si è notato il distacco dall'Assemblea e dagli appelli alla Veltroni, il co-fondatore ridotto a spalla di Renzi. Si ricordi pure che Prodi considera il pasticcio dei 101 voti che mancarono nella sua elezione al Quirinale anche (soprattutto, per alcuni) responsabilità di Renzi. Il silenzio di tanti altri, a cominciare da Rosy Bindi, fa comprendere che, presto o tardi, dato per perduto il Pd, quel mondo finirà per ricomporsi.

Senza il bacio alla pantofola preteso da Renzi.

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