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Enti locali in ritardo Appena uno su tre offre servizi online

La denuncia della Cgia: pratiche via internet disponibili nel 33,8% delle amministrazioni

Enti locali in ritardo Appena uno su tre offre servizi online

I l 13 luglio il Ministero per la semplificazione annuncerà i vincitori dell'OpenGov Champion (scusate l'inglese, ma è scritto proprio così sulla pagina internet del ministero). Si tratta di un premio che viene assegnato alle amministrazioni pubbliche che si sono distinte in tre campi: trasparenza, partecipazione e competenza digitale. Almeno in quest'ultima categoria la giuria (presieduta ovviamente dal ministro Marianna Madia) non dovrà faticare a scegliere i campioni. Soltanto un terzo delle amministrazioni locali, infatti, offre servizi online al cittadino (nonché contribuente). Altro che quarta rivoluzione industriale! La nostra pubblica amministrazione sembra ancora molto lontana dagli standard internazionali.

La denuncia arriva dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha esaminato i dati Istat riferiti all'utilizzo delle tecnologie dell'informazione da parte degli enti locali. E i risultati dell'indagine sono sconfortanti: tra tutte le Regioni, le Province, i Comuni e le Comunità montane presenti in Italia la percentuale di enti che offre la possibilità di avviare e concludere per via telematica l'intero iter di almeno un servizio richiesto dall'utenza è pari al 33,8%. Praticamente solo uno su tre è in grado di espletarla.

Quelli più in ritardo, in generale, sono gli uffici provinciali: soltanto il 27,1% è in grado di «dialogare» e concludere online la procedura richiesta dai cittadini o dalle imprese; sale al 28% per le Comunità montane, si attesta al 33,9% nei Comuni (con punte del 63 per cento per quelli con più di 60mila abitanti) per toccare il 59,1% tra le Regioni e le Province autonome. In Alto Adige, a esempio, il 65,5% dei sindaci è in grado di far espletare questo servizio mentre i Comuni della Liguria (17,4%), della Sicilia (16,8%) e del Molise (14,7%) sono tra i meno virtuosi.

L'unica buona notizia (a voler essere generosi) è che c'è comunque un leggero tasso di crescita. Infatti la digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche è aumentata dal 7,6% del 2009 al 33,8% del 2015. «Quello che abbiamo notato - commenta Paolo Zabeo, coordinatore dell'ufficio studi della Cgia - è che è disarmante il deficit tecnologico che sconta il personale di molte amministrazioni».

E questo ritardo si nota anche quando si confronta la digitalizzazione degli uffici nostrani con quelli europei. Se teniamo conto della percentuale degli utilizzatori di eGovernment, la precompilazione di dati, il completamento dei servizi online e gli open data tra i Paesi dell'Ue l'Italia si colloca al 21° posto con un indice pari a 44,5%: 10,4 punti in meno della media Ue.

Lo scorso anno sempre l'Unione Europea aveva diffuso un'indagine dalla quale emergeva un altro dato sconfortante: sono gli italiani in generale (non solo i dipendenti pubblici) a mostrare una decisa mancanza di competenze digitali. Un terzo della popolazione non usa mai internet e i restanti due terzi si applica in poche attività complesse online.

Questo nostro ritardo collettivo (dovuto in gran parte alla scuola) ci pone, stando ai dati forniti dalla Ue, al ventiquattresimo posto, riuscendo a superare soltanto Grecia, Bulgaria e Romania.

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