Cronaca locale

"Era bimba, non l'ho toccata". Uno dei fermati fa altri nomi

Brian Minteh è l'unico che risponde al gip: «Non sono un mostro, non c'entro niente». È caccia a 4 persone

"Era bimba, non l'ho toccata". Uno dei fermati fa altri nomi

Roma «Non sono un mostro. Con questa storia non c'entro niente». Brian Minteh fa nomi e cognomi. Ed è caccia ad altre tre o quattro persone sospettate di aver drogato, violentato e abbandonato la giovane Desirée Mariottini al suo destino. Interrogatori di garanzia, nel carcere romano di Regina Coeli, ieri mattina per tre dei quattro fermati, accusati dello stupro e dell'omicidio della giovane di Cisterna di Latina. Il senegalese di 43 anni fermato giovedì notte assieme ad altri due indagati è l'unico del gruppo di spacciatori africani a rispondere, davanti al suo legale, alle domande del gip Maria Paola Tomaselli. Un interrogatorio serrato che non lascia spazio a equivoci. «È stato lei a violentare e lasciar morire la ragazza?» chiede il giudice. Immediata la difesa di Minteh detto Ibrahim: «Non c'entro nulla, non sono stato io a stuprarla e a lasciarla morire».

Scena muta, invece, per «Pako», Gana Mamadou, 27 anni, anche lui senegalese e per Chima Alinno, «Sisko», nigeriano di 46 anni che avrebbe detto al suo avvocato: «Non mi sarei mai permesso neanche di toccare Desirée perché si vedeva che era una bambina». Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. In attesa dei riscontri fra il loro Dna e quello della vittima resteranno tutti e tre, quattro con Yusif Salia, il ghanese arrestato in Puglia, in prigione. Per i primi il gip, difatti, ha convalidato il decreto di fermo tramutandolo in arresto. A tutti la Procura contesta i reati di violenza di gruppo, omicidio volontario, cessione di sostanze stupefacenti. Il ghanese, in particolare, è stato trovato nella baraccopoli di Borgo Mezzanone, nel foggiano, con 11 chilogrammi di marijuana, due etti di hashish, due buste di resina, metadone nonché una pistola giocattolo e un bilancino di precisione.

Secondo una ricostruzione Desirèe era a Roma, a San Lorenzo, per cercare droga almeno da mercoledì 17, giorno in cui la mamma Barbara denuncia la scomparsa. Ma è solo giovedì pomeriggio che inizia il suo calvario, quando entra per l'ultima volta nello stabile occupato di via dei Lucani. E non esce più. Non ha soldi ma le serve l'eroina. L'interrogatorio, durato più di tre ore, avrebbe chiarito anche aspetti di quello che è accaduto nelle botteghe abbandonate dello scalo ferroviario e del suo rapporto con la ragazza conosciuta due settimane prima. In particolare a Ibrahim è stato chiesto se corrisponde al vero il racconto di due tossici entrambi ascoltati mercoledì scorso. È la notte fra giovedì 18 e venerdì 19: uno dei due riporta quanto gli avrebbe raccontato una persona presente nel tugurio. Ovvero che Desirée è a terra, circondata da almeno sette pusher neri mentre nessuno fa nulla per aiutarla. Sono Yusif e Pako i primi a violentarla.

Tutto ciò mentre un'amica urla e si dispera perché la ragazza bianca non si muove più. Cianotica, occhi sbarrati, nuda, Desirée è in piena overdose. Il mix di eroina, crack e pasticche di Rivotril mischiate all'alcol è letale. Qualcuno prova a somministrarle acqua e zucchero. Altri parlano di metadone e vino per «farla riprendere». Ma nessuno chiama i soccorsi. L'ordine degli spacciatori è perentorio. E mentre Pako fa i bagagli, mettendosi sulle spalle un grosso zaino, Sisko e gli altri commentano: «Meglio che muore, altrimenti finiamo in galera».

Di fatto solamente all'alba di venerdì 19 vengono chiamati i soccorsi. Sono le 4 del mattino: quello che gli operatori del 118 trovano nella baracca deserta ma zeppa di sporcizia è terribile. Desirée, rivestita in tutta fretta, è cadavere da almeno un'ora. Si poteva salvare? Questa la domanda a cui gli investigatori devono dare una risposta. Un interrogativo anche per l'amica di Desirée, Giovanna, che ha provato a strapparla da quel luogo infernale invitandola a casa sua. Ma la 16enne, in piena crisi di astinenza, voleva solo la roba. Le serviva anche il telefonino che le avevano sottratto.

Così torna da Ibrahim e dagli altri spacciatori neri.

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