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"Era prevedibile, moriranno democristiani Da decenni non fanno qualcosa di sinistra"

La fondatrice del «Manifesto», nato nel 1970 dalla prima scissione del Pci: «Noi davamo voce al popolo, loro oggi si dividono sulla data del congresso»

"Era prevedibile, moriranno democristiani Da decenni non fanno qualcosa di sinistra"

Moriranno democristiani. «Prima la Quercia, poi la Margherita, ora che hanno finito la botanica si inventano la chiamata di Gesù Cristo. Fateci caso: tutti sono stati chiamati da Gesù, dicono che quello che stanno facendo lo fanno perché il loro popolo li chiama. Il loro popolo? Ma se sono vent'anni che non li vedo fare qualcosa di sinistra. Anzi, dico vent'anni e sbaglio sicuramente per difetto. Si preoccupano di stabilire la data del loro congresso e si dimenticano degli ultimi disastri fatti con il Jobs Act. Non è mica solo colpa di Renzi, così sarebbe troppo facile. Comunque di questo, scusate, ma non vorrei più parlare. Non per altro, è che sono arrabbiata, molto arrabbiata».

Luciana Castellina è arrabbiata davvero, solo che è troppo elegante per non rispondere a chiunque le rivolga domande che ritiene accettabili. Luciana Castellina è arrabbiata, ma è una meravigliosa donna di 87 anni e sono decenni che ha imparato a spiegare le ragioni della sua rabbia. Ha appena chiuso il congresso di Sinistra Italiana, il suo è stato l'ultimo intervento, poi è stato proclamato il nuovo segretario, Nicola Fratoianni. L'hanno ascoltata, «settecento delegati e soprattutto almeno 1.500 giovani», hanno sorriso e riso, perché i comunisti «mangiano i bambini», ma conoscono il valore comunicativo dell'ironia. Castellina di scissioni se ne intende, ma la sua fu un'altra storia, lo spiegherà tra una galleria e l'altra. Nel 1970 viene radiata dal Pci, insieme al gruppo fondatore della rivista Il manifesto, poi quotidiano e pure movimento, il Movimento politico organizzato. Da quasi cinquant'anni quella scissione è ancora in edicola. Ora la compagna Luciana torna da Rimini a Roma, parla tra una galleria e l'altra, tossisce, si scusa, «colpa della bronchite». E delle sigarette, con rabbia fumate.

Perché è arrabbiata?

«Perché si è appena concluso il congresso di Sinistra Italiana e nessuno di voi giornalisti si è preso la briga di raccontarlo. Non ne faccio una questione personale, però mi fa rabbia vedere che tutto ormai viene guardato con la lente d'ingrandimento, per vedere quelli che si stanno accapigliando, tutti questi che non cambiano una virgola da mezzo secolo, che fingono solo ora di accorgersi che sono decenni che non fanno qualcosa di sinistra. Ora faccio una domanda io».

Prego.

«Possibile che non si siano accorti, per esempio, di cosa stava succedendo dopo l'ultimo referendum? Non si sono accorti che l'85% dei giovani era andato a votare, non era rimasto a casa, ma aveva scelto di dire quello che pensava. E votando ha detto: No, non state facendo nulla per noi, nulla di socialmente rilevante, nulla di sinistra. E vi dichiarate di sinistra? Balle».

Quelli del Pd?

«Io vorrei parlare di Sinistra Italiana, non è un'alternativa di governo, ma credo, sono fortemente convinta, che sia una forza capace di dare delle risposte di sinistra alle domande della società. E allora sì, mi sono iscritta a Sinistra Italiana».

Il 28 giugno 1983, dopo le elezioni Europee, voi al Manifesto titolaste: Non moriremo democristiani. Ora, tutti questi che lei definisce chiamati da Gesù Cristo, come vorrebbero morire?

«Auguro una lunga vita a tutti, temo che da anni siano quello che sono, forse democristiani, trasformati come dicevo dalla botanica, ma sempre e comunque incapaci di dire e soprattutto fare qualcosa di sinistra. E se non ci sono più i democristiani arriveranno i trumpisti d'Italia. Nessuno si aspettava la vittoria di Trump negli Stati Uniti e ora tutti sappiamo come è andata a finire. Fate una cortesia».

Anche due.

«Buttate via questa maledetta lente d'ingrandimento, ascoltate la gente, non continuate a pensare che la politica sia solo comunicazione, bisogna prima ascoltare».

La vostra scissione è nata dalla comunicazione, avete fondato Il Manifesto.

«Non la vedo così. Noi avevamo qualcosa da comunicare, avevamo una classe operaia che chiedeva di parlare, una voce forte, bella, compatta. E dopo abbiamo aggregato, non diviso. Come sta facendo SI. Ora che voce compatta possono avere i lavoratori, spezzati in 4 milioni di voucher?».

Che differenza c'è tra le vostra scissione e l'ultima che potrebbe consumarsi nel Pd?

(Ride, tossisce, schiva il blackout della galleria) «Noi ci dividevamo per restare coerenti con le nostre idee. Fin qui ci sono riuscita, ci siamo riusciti. Per quanto riguarda loro non vedo ancora i contenuti, di cosa stiamo parlando. Magari fatemi sapere quando faranno il loro Congresso, grazie».

Risata, applausi, in galleria.

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