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"Era troppo vicino al Pd e ha perso"

L'ex colonnello Ncd: "Ha rimandato i problemi per rimanere al governo"

"Era troppo vicino al Pd e ha perso"

Roma - «Un po' me l'aspettavo. Umanamente è una scelta di grande dignità, ma ha anche una logica politica: la certificazione della sconfitta». Gaetano Quagliariello, presidente di IDeA e già coordinatore nazionale di Ncd, commenta così il passo indietro di Alfano.

Nel suo libro «Sereno E» lei ha rivelato di aver saputo da Alfano che Renzi ordinò ai suoi di non votare Prodi per il Quirinale. Non è che è colpa sua se Angelino e Matteo hanno litigato?

«No, credo sia stato qualcosa di più serio. Ieri nello stesso giorno ha mollato anche Pisapia. Una coincidenza che mette in evidenza una caratteristica del renzismo, ossia che non è alleabile. O cedi le armi e ti consegni o sei costretto a perdere un ruolo politico. Alfano ha una capacità di incassare incredibile, eppure ha ceduto anche lui».

Che cosa l'ha spinto alla resa?

«In ogni evento c'è un'analisi di lungo periodo e il colpo di Sarajevo, sul quale non sono in grado di dire parola. Sul lungo periodo sì. La scissione aveva una dignità politica, la caduta del governo Letta avrebbe lasciato il centrodestra senza strategia di ricambio. Si rischiava di mandare il Paese allo sbando o di consegnarlo a un'alleanza tra sinistra e M5S. Insomma, non faccio ammenda su quella scelta. Che però implicava la volontà e necessità di rinnovare il centrodestra. Avremmo dovuto in più occasioni marciare divisi e colpire uniti, in particolare con l'elezione di Mattarella...»

E invece...

«E invece si è scelta un'altra strada che tradiva la missione iniziale e Alfano ha finito per entrare a tutto tondo all'interno del progetto renziano. L'ultimo momento in cui si poteva cambiare direzione è stato quando ancora avevamo il potere di influenzare le scelte di fondo del governo, tra estate e primo autunno del 2015. Lì è nato il mio conflitto con Alfano, non personale, ma politico e molto duro. Ma ha prevalso sull'analisi un eccesso di appagamento governativo e la logica della sopravvivenza, rimandando i problemi, perché tanto si era al governo. Ma la realtà l'ha sopraffatto».

Le urne hanno parlato chiaro.

«O quel partito riusciva a essere una spina nel fianco del governo, con un'attitudine di tipo craxiano, e trovare momenti di collegamento con la propria storia e le proprie origini, oppure è una copia sbiadita dell'originale. E allora perché gli elettori dovrebbero votare una copia edulcorata?».

Berlusconi dice che le porte sono aperte.

«La certificazione della sconfitta ridà libertà a coloro che sono rimasti fino in fondo di fare le proprie scelte. Mi auguro che molti si riorientino verso il centrodestra».

E Angelino?

«Chiude una stagione, mi auguro che faccia i conti fino in fondo con questa esperienza.

Poi certo in politica nulla è definitivo».

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