Cronache

"Ero geloso, allora l'ho bruciato vivo"

L'assassino è un benzinaio. La confessione: «Aveva una relazione con la mia ex»

"Ero geloso, allora l'ho bruciato vivo"

Un clochard bruciato vivo la notte scorsa. Una telecamera di sicurezza che riprende la scena. Il fermo di un sospettato. Infine la sua confessione: «L'ho fatto per gelosia, lui aveva una relazione con la mia ex moglie». «Lui» è Marcello Cimino, il clochard bruciato vivo la notte scorsa a Palermo. L'assassino reo confesso si chiama Giuseppe Pecoraro, un benzinaio di 45 anni. Pecoraro si era da poco separato dalla moglie e sospettava che quest'ultima avesse una storia con il clochard.

Marcello Cimino, 45 anni, è morto straziato dalle fiamme: dopo la separazione dalla moglie aveva scelto di vivere per strada nella sua città, Palermo, pur avendo una casa di edilizia popolare, è stato condannato a morte. A una delle più cruente e dolorose. E chi lo ha fatto non ha esitato a eseguire la terrificante sentenza. L'assassino è stato identificato e arrestato nel giro di poche ore. Lo incastra un video agghiacciante girato da una telecamera di sorveglianza che dà sul luogo adibito a giaciglio dal clochard. Si vede un uomo, con volto in parte coperto da un cappuccio, che si avvicina risoluto al senzatetto e gli scaraventa addosso un secchio di liquido infiammabile. Cimino ha avuto solo il tempo di svegliarsi e alzare il capo per capire cosa stesse accadendo. L'assassino corre verso di lui e appicca il fuoco. Pochi istanti e il clochard è avvolto dalle lingue di fuoco. Il suo corpo è stato carbonizzato.

La scena che si è presentata agli occhi dei vigili del fuoco è tremenda. E lo è stato ancora di più constatare, ancora prima che la squadra mobile acquisisse il video, la presenza di liquido infiammabile a conferma che i sospetti degli inquirenti, coordinati dal pm Maria Forti, che si trattasse di omicidio, erano fondati.

L'assassino ha approfittato del fatto che il portone della missione San Francesco, in piazza Cappuccini, che conduce al refettorio dove era solito dormire il senzatetto, fosse stato lasciato aperto. È solo un caso che in quel momento Cimino fosse da solo. Perché divideva quel giaciglio di fortuna con altri clochard. Per Donatella Marazziti, docente di psichiatria a Pisa, e il sociologo della salute Mario Campanella, della Fondazione scientifica sulle ricerche in Neuroscienze Brf, si tratta «dell'esaltazione nichilista di un ribrezzo verso la povertà, vissuta come reietta, amorfa, fastidiosa: qualcosa da bruciare». Ma qui pare - è qualcosa di ancora più mostruoso. Perché è lo sprezzo per la vita. È l'indifferenza dinanzi al dolore altrui. Secondo Marazziti e Campanella «per queste persone la vita è un videogioco». Ma l'altra notte Cimino è morto davvero. E il suo dolore è stato reale. Eppure appiccare il fuoco per dirimere una questione o per mero «passatempo» sembra essere divenuto routine. Lo scorso ottobre dei balordi diedero fuoco all'80enne Giuseppe Scarso, a Siracusa.

L'anziano è morto dopo un lungo calvario in ospedale.

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