Economia

Etruria & c., conto senza fine Ora servono altri 1,8 miliardi

A un anno dal salvataggio le quattro "good bank" non sono state vendute. Patuelli: "Il saldo peserà sul sistema"

Etruria & c., conto senza fine Ora servono altri 1,8 miliardi

Le banche italiane sono in allarme rosso. Oltre al rischio, esterno e incontrollabile, legato alle prossime regole «Basilea IV» che potrebbero costare altri 1.300 miliardi di capitale su base europea, c'è però quello tutto italiano delle quattro banche salvate l'anno scorso. Il cui conto sarà più salato del previsto. Parliamo del «salvataggio» di Banca Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara, effettuato un anno fa con un intervento del Fondo Nazionale di Risoluzione complessivamente pari a 3,6 miliardi.

Se, come si dice in Piazza Affari, questa settimana Ubi formalizzerà l'offerta per rilevare Etruria, Marche e CariFerrara, si stima che il sistema dovrà assorbire 1,8 miliardi di minusvalenze, cioè l'intero valore di carico delle good bank sul Fondo stesso. Da qui il pressing per ottenere di introdurre, magari con un decreto-corollario alla Legge di Stabilità, la possibilità di spalmare fino a 5 anni l'ammanco atteso. «Se tutto fosse spesato subito ne risentiranno sia i conti economici delle banche sia il gettito dello Stato e di conseguenza la stessa finanza pubblica», ha avvertito il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli durante il seminario organizzato nella sua Ravenna. A decidere sui tempi sarebbe comunque Bankitalia ma il presidente è già certo che le associate stiano per ricevere una nuova fattura.

Il Fondo di risoluzione dispone oggi di 760 milioni, cioè i versamenti ordinari 2016, troppo poco per gestire il contraccolpo delle good bank. In sostanza, nella migliore delle ipotesi, la Vigilanza chiederà alle banche di colmare la differenza con uno sforzo straordinario di un miliardo o forse di coprire l'intero ammanco di 1,8 miliardi: il decreto Salvabanche lasciava peraltro la possibilità di riscuotere due rate aggiuntive in caso di bisogno. In bilico resta infatti anche il residuo del prestito ponte, in scadenza a maggio, concesso da Intesa, Unicredit e Ubi: sarebbe dovuto essere rimborsato con l'incasso della vendita delle good bank, ma oggi l'obiettivo non pare più raggiungibile.

La stessa CariFerrara, senza pretendenti, sarebbe consegnata al Fondo di Tutela. In pratica, considerando anche i 2,5 miliardi necessari per alimentare le due vite del Fondo Atlante che ha evitato il bail in di Veneto Banca e Popolare Vicenza - il Fondo interbancario e altre partite minori, tra il 2015 e l'anno in corso le banche sborseranno quasi 9 miliardi per i salvataggi. La «burocrazia europea ha fortissime responsabilità» sulle modalità di gestione del caso Etruria, ha tuonato Patuelli criticando tempi ristretti imposti per la vendita. Senza contare che lo stesso bail-in «è incostituzionale» e quindi i risparmiatori traditi potrebbero appellarsi alla Suprema corte.

L'industria bancaria italiana mostra peraltro qualche miglioramenti sia sulle sofferenze, sia sulla ripresa (+38% le erogazioni di mutui nei primi 9 mesi a 44,9 miliardi, di cui un terzo surroghe), sia sui tassi, visto il prossimo rialzo della Fed. Ma tutto è messo a repentaglio dalla rigidità dei regolatori internazionali. A fare i conti sono stati il direttore generale Abi Giovanni Sabatini e il vice Gianfranco Torriero: considerando la stretta in preparazione con Basilea 4, i parametri Ifrs9, Tlac e Mrel, le banche europee rischiano di dover incrementare il proprio Cet 1 prima del 55% e poi di un altro 19%, in cifra assoluta 1.300 miliardi per salire dagli attuali 1.574 a 2.888 miliardi.

Per questo è in corso, da parte delle federazioni bancarie europee, un braccio di ferro con la Vigilanza. In caso di insuccesso avverte Palazzo Altieri - sarebbe inevitabile una riduzione dei prestiti a famiglie e imprese o comunque un aumento dei costi.

A cui si aggiungono alcune inefficienze tutte italiane: si stima che la lentezza della giustizia civile, unita alla debolezza del Pil e allo spread, abbia avuto un impatto di quasi il 12% della crescita in rapporto tra crediti deteriorati e il totale degli impieghi, nel periodo 2007-14.

Commenti