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"Etruria è insolvente". Presto la bancarotta, guai per papà Boschi

Il collegio fallimentare deposita la sentenza che aprirà il procedimento di reato nei confronti degli ex vertici: rischio sequestro dei beni personali

"Etruria è insolvente". Presto la bancarotta, guai per papà Boschi

Quello che tutti si aspettavano, è arrivato. Il collegio fallimentare del tribunale di Arezzo ieri mattina ha depositato in cancelleria la sentenza con cui dichiara lo stato di insolvenza della vecchia Banca Etruria e rigetta l'eccezione di costituzionalità del decreto «salva-banche» presentata lunedì scorso dagli avvocati dell'ultimo presidente dell'istituto, Lorenzo Rosi.Le motivazioni del doppio rigetto illustrate in una sentenza di 15 pagine, accolgono in pieno la richiesta di insolvenza formulata dal commissario liquidatore della banca, Giuseppe Santoni.

Questo atto conferisce una violenta accelerata all'inchiesta e rappresenta il passaggio preparatorio all'ipotesi del reato di bancarotta fraudolenta nei confronti degli ex amministratori della banca fino al commissariamento di Bankitalia del febbraio 2015.Gli avvocati annunciano già un apparentemente inutile impugnazione della sentenza, alla Corte d'appello di Firenze, ma la verità è che dall'ex presidente Giuseppe Fornasari (in carica dal 2009 al 2014 quando è uscito con una liquidazione da un milione e 100mila euro) all'ultimo Rosi (fino al 2015), passando per i vice Natalino Giorgio Guerrini, Alfredo Berni (anche direttore generale) e, naturalmente, Pier Luigi Boschi (consigliere dal 2011 e poi vicepresidente dal 2014), padre del ministro Maria Elena, fino ai direttori generali Luca Bronchi e Paolo Schiatti, e i consiglieri d'amministrazione tra i quali il commercialista Luciano Nataloni (già vicepresidente di Banca Del Vecchio), la commerciante Anna Maria Nocentini e l'industriale Laura Del Tongo, nessuno può stare tranquillo. Agli atti le gravissime condotte degli ex manager, la gestione clientelare della banca in una delle roccaforti toscane del Pd, le obbligazioni subordinate truffa che hanno mandato sul lastrico diecimila famiglie. Ora babbo Boschi rischia davvero di essere indagato come bancarottiere. Altro che ostacolo alla vigilanza.Si aprono scenari giudiziari pesanti.

Spetterà al curatore fallimentare, nominato dal tribunale, spulciare su quelle condotte penalmente rilevanti che hanno trascinato l'istituto nel baratro. A quel punto la relazione sarà trasmessa al procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, che valuterà se avviare l'indagine per bancarotta fraudolenta. Nel caso di rinvio a giudizio degli amministratori, l'associazione Popolo dei consumatori, presieduta da Federico Pennacchioni, si costituirà parte civile «per ottenere, non tanto un rimborso di quanto perduto, bensì un risarcimento del danno morale sofferto. Ricordiamo che le querele per truffa devono essere presentate entro il 23 febbraio». La dichiarazione di insolvenza verrà comunicata anche al ministero dell'Economia, che avvierà una procedura di liquidazione coatta amministrativa con la nomina dei commissari liquidatori. Iacopo Gori, avvocato aretino, esperto in diritto societario che si è occupato di società legate ai finanziamenti della banca, pone l'accento sul «sequestro dei beni personali degli ex amministratori. I commissari liquidatori redigeranno l'inventario dei beni, formeranno lo stato passivo, liquideranno l'attivo e lo ripartiranno secondo i crediti insinuati ed i gradi di privilegio. Entro 60 giorni informeranno la procura sulle cause dell'insolvenza».Ma nuove e minacciose nubi si addensano sulla testa di Rossi.

Il Csm ha deciso di non chiudere ancora l'istruttoria su di lui, chiedendo ulteriori atti al procuratore generale di Firenze, circa le inchieste per estorsione, turbativa d'asta e riciclaggio sul padre del ministro Boschi, di cui si è occupato Rossi dal 2010 al 2013.Adesso però la strada è diventata a senso unico e senza vie d'uscita. La procura sta già lavorando su quattro filoni d'inchiesta. Questo sarebbe il quinto.

Quello cruciale.

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