Politica

Eurocompleanno senza ritorno

Roma città chiusa, blindata, con le sirene che già passano ogni dieci minuti a segnalare questo clima di ansia, allarme e preoccupazione. C'è un muro di paura che circonda tutto

Eurocompleanno senza ritorno

Roma città chiusa, blindata, con le sirene che già passano ogni dieci minuti a segnalare questo clima di ansia, allarme e preoccupazione. C'è un muro di paura che circonda tutto. Raccontano di una ventina di blindati speciali, quelli che in altri luoghi si usano in tempi di guerre civili. Si chiamano Rg12 e sono neri e grossi, come tirannosauri della sicurezza. La polizia schiererà i Mammut Iveco EuroCargo 4x4, blu e mastodontici. I militari non in servizio sono stati invitati ad andare in giro, in ordine sparso, con la pistola di ordinanza. Sono occhi in più, discreti, contro i cecchini, contro i folli, contro gli arrabbiati troppo violenti, contro il caso, il destino o qualsiasi piano strategico. Questo Paese non può permettersi una svista. Non basterà incrociare le dita. Eppure sabato 25 marzo non c'è in calendario una guerra, ma un compleanno. L'Europa compie 60 anni. L'Europa come sogno, come idea, come fuga da una guerra fratricida e da un suicidio di popoli. L'Europa come firme e come trattati. Allora, come cavolo siamo finiti in questo paradosso? Quella che doveva essere una festa, una sorta di riunione di famiglia con le candeline, le bandiere e le mani al cuore con gli inni nazionali sembra qualcosa di perfino più tragico di un funerale. Non c'è gioia. Non ci sono lacrime, ma solo rabbia e paura.
Roma adesso sta qui a chiedersi che Europa c'è sotto la corazza. Forse è arrivato il momento di scoprire il volto, perché quando tutti lo attaccano vale la pena di difenderlo questo straccio di sogno, ma bisogna guardarsi in faccia, gettare via le maschere, spogliarsi dei vestiti che puzzano di burocrazia, non scaldarsi il cuore solo per banche e finanza, smetterla con l'ossessione su come parlare, come scrivere, cosa pensare per essere cittadini europei certificati e standard. La tolleranza non è un protocollo imposto da una schiatta di sociotecnocrati ipocriti, ma la scelta coraggiosa di chi ogni giorno scommette, con orgoglio, sulla libertà.
Non avere paura e metterci la faccia, questo servirebbe, con un progetto, con un futuro. Come dire: c'è ancora vita oltre l'euro. Altrimenti non resta che finirla qui. Ognuno a casa sua, con tante frontiere come cicatrici. Con i nichilisti in nero che si nutrono di macerie, con il terrore fanatico di chi uccide in nome di Dio e in odio all'Occidente e con la frustrazione degli sfiduciati. Alle spalle ci sono dieci anni di crisi e orizzonti senza futuro.

A Roma o si cambia (l'Europa) o si muore.

Commenti