Politica

Rischio tsunami: in otto pronti a mollare Angelino

Per evitare nuovi addii il segretario vuole accelerare l'unione dei gruppi con i centristi

RomaOra Alfano teme la diaspora. La breccia aperta dal senatore Antonino D'Alì potrebbe allargarsi a dismisura nelle prossime settimane. Angelino lo sa e a nulla è valso il suo tentativo di metterci una pezza in extremis: garantirgli un ruolo di peso nella sua Sicilia. Il malessere covava da tempo e D'Alì non lo ha mai nascosto: sia non votando alcuni provvedimenti in Aula, sia parlando a microfoni aperti. «Non siamo mai determinanti - aveva lamentato - Sono molto deluso, sia per la mancata estensione del bonus degli 80 euro alle famiglie numerose, sia per la mancata riduzione dell'Irap, sia per il percorso delle riforme costituzionali». E s'era spinto oltre, il senatore: «Bisognerebbe valutare un sostegno esterno al governo da parte di Ncd, unitariamente a Forza Italia».

Uscire dal governo per condizionarlo meglio. Una tesi, questa, sposata anche da molti azzurri e che mette in allarme Alfano. «Se accade siamo spacciati», ammette un anonimo parlamentare alfaniano. È la sindrome della tenaglia: rimanere schiacciati tra Renzi e Berlusconi. Certo, D'Alì è uno; ma se fosse solo il primo? Da tempo si vociferano di altri sette o otto colleghi di palazzo Madama, pronti a fare le valigie e tornare in Fi. In sofferenza ci sarebbero Laura Bianconi, Antonio Azzollini, Giuseppe Esposito, Federica Chiavaroli, Simona Vicari, Piero Aiello, Giovanni Bilardi e Nico D'Ascola. I sondaggi sono impietosi e danno l'Ncd al 2 virgola qualcosa. E siccome le trattative per ricucire un'alleanza con Berlusconi si sono interrotte, sono in tanti a temere di fare la fine di Fini.

In più, ora Alfano teme il mal di pancia di un pezzo grosso come Renato Schifani, delusissimo perché s'è arenato il progetto dei gruppi unici con Udc, Popolari di Mauro e quel che resta di Scelta civica; e con esso la sua ambizione di guidare la pattuglia in Senato. Ecco perché Angelino è orientato ad accelerare la pratica e proprio per oggi ha convocato l'assemblea dei gruppi a palazzo Valdina a Roma.

Peccato, però, che anche questa mossa non sia semplice: chi farà il capogruppo? E il tesoriere? Si profila il duello con gli udiccini. Ma poi la fusione rischia di fare esplodere il partito, lacerato al proprio interno tra l'anima filoberlusconiana di Casero, Lupi, De Girolamo, Saltamartini ed altri ex An e l'anima antiberlusconiana capeggiata da Quagliariello, Cicchitto e Lorenzin, più propensi a fare dell'Ncd un cespuglio del Nazareno. Alfano annaspa, lascia che sia Quagliariello a rispondere a D'Alì («Faccia come crede ma la sua analisi politica lascia sconcertati») e, da Palermo, minimizza i suoi guai: «Berlusconi non ha capito che non basta cambiare il nome, come la Lega e Fratelli d'Italia sono alla fine del loro ciclo politico. Noi invece siamo un partito moderato e riformista, è solo questione di tempo».

Ma più il tempo passa più Ncd precipita.

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