Cronache

"Fabo, non violato il diritto alla vita"

I pm di Milano chiedono l'archiviazione per Cappato: «C'è un diritto alla dignità»

"Fabo, non violato il diritto alla vita"

Cappato ha aiutato il Dj Fabo nell'esercizio del diritto alla dignità. I pm milanesi non hanno dubbi e ieri hanno chiesto l'archiviazione del tesoriere dell'associazione «Coscioni».

Era stato lo stesso Cappato, promotore della campagna «Eutanasia legale», ad autodenunciarsi nei mesi scorsi. Alla magistratura aveva raccontato di aver accompagnato Fabiano Antoniani, nella clinica «Dignitas», vicino Zurigo, dove il trentanovenne, si era sottoposto a suicidio assistito. La mattina del 27 febbraio l'uomo, che prima di sfondare nei locali milanesi lavorava come assicuratore, aveva cancellato tre anni di sofferenze, causate da un incidente stradale che lo aveva lasciato cieco e tetraplegico. I suoi appelli incessanti, drammatici, erano stati accolti da Cappato, che al rientro in Italia si era presentato dai carabinieri, sapendo di rischiare fino a 12 anni di prigione. La Procura di Milano il 1 marzo lo aveva iscritto nel registro degli indagati, per l'ipotesi di «aiuto al suicidio», in riferimento all'articolo 580 del Codice penale.

Ma ieri l'esponente dei Radicali Italiani ha segnato una prima vittoria. Per i pm milanesi Tiziana Siciliano e Sara Arduini, infatti, Cappato accompagnando Antoniani in Svizzera lo ha aiutato a esercitare il diritto fondamentale alla dignità umana, che va posto sullo stesso piano del diritto alla vita. E a questo punto passa quasi in secondo piano il fatto che l'esponente radicale abbia solo svolto il ruolo di autista nella vicenda, guidando l'auto che ha portato il Dj nella clinica dove «ha morso personalmente il pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale».

I pm, infatti, ne fanno una questione di principio e nel provvedimento spiegano che aiutare una persona a suicidarsi perde il suo carattere di anti-giuridicità a determinate condizioni, se effettuato per agevolare il rispetto della dignità dell'individuo. Condizioni che, in questo caso specifico, sono costituite dall'esistenza di una documentata malattia incurabile e da gravi sofferenze. Fabiano Antoniano, argomentano ancora i magistrati, non poteva suicidarsi perché era cieco e paralizzato e se avesse deciso di togliere i supporti respiratori che lo mantenevano in vita, sarebbe morto dopo giorni di agonia e sofferenza contrari all'umana dignità.

Per arrivare a queste conclusioni, i pm citano anche diverse sentenze della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo) e della Corte Costituzionale, oltre a pronunce relative ai casi Englaro e Welby e fanno riferimento all'articolo 32 della Costituzione in base al quale nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari obbligatori.

Ora la parola passa al Gip, chiamato a stabilire se proseguire o archiviare la vicenda. «In attesa della decisione - commenta Cappato - posso confermare che è in corso e continuerà l'azione di aiuto alle persone che vogliono ottenere, in Italia o all'estero, l'interruzione delle proprie sofferenze, eventualmente anche attraverso l'assistenza medica alla morte volontaria in Svizzera».

Brinda anche Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Luca Coscioni, parlando di un «precedente fondamentale», che apre la possibilità di aiutare chi soffre a uscirne, anche in Italia. Su tutt'altra sponda il Movimento per la Vita Italiano. «Per i pm che hanno chiesto di archiviare le incriminazioni a carico di Cappato le pratiche di suicidio assistito non violano il diritto alla vita quando il malato (o anche chi legalmente lo rappresenta) ritenga la sua vita indegna di essere vissuta? - dichiara il presidente Gian Luigi Gigli -. Di indegna qui c'è solo la pretesa del magistrato di allargare le maglie della legge sul fine vita. Cappato, trasformatosi ormai in imprenditore tanatologico, esulta e annuncia nuovi viaggi della morte in Svizzera».

Tuona anche Raffaele Calabrò, parlamentare di Alternativa popolare e relatore di minoranza sulla legge sulle Dat, appena approvata dalla Camera dei Deputati e attualmente all'esame del Senato. «È a dir poco aberrante che i pm liquidino il suicidio assistito come agevolazione dell'esercizio del diritto alla dignità - sottolinea -. C'è qualcosa che inizia seriamente a scricchiolare se si arriva a considerare il suicidio assistito come gesto nobile. Abbiamo fiducia che il gip respinga la richiesta, tenendo in considerazione che è in dirittura d'arrivo una legge che vieta espressamente il suicidio assistito.

Che si fermi l'errore o meglio l'orrore di far prevalere il diritto all'autodeterminazione, anche andando contro il codice penale».

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