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La faccia feroce non basta

Nonostante tredici ore di vertice e un lungo comunicato salutato all'alba come l'atto di pace dentro l'Europa, la guerra tra i Paesi sull'accoglienza e la gestione degli immigrati continua

La faccia feroce non basta

Adesso bisognerà capire chi dormiva e chi era sveglio, chi era stanco e annebbiato e chi no. Ma soprattutto tra Macron, la Merkel, il nostro Conte e gli altri premier europei bisognerà capire chi ha preso per i fondelli chi. Perché, nonostante tredici ore di vertice e un lungo comunicato salutato all'alba come l'atto di pace dentro l'Europa, la guerra tra i Paesi sull'accoglienza e la gestione degli immigrati continua come prima, se non più ferocemente. E, a quanto pare, nulla nei fatti è cambiato.
Se così fosse - e tutto lascia intendere che sia così - quel pezzo di carta sottoscritto al termine della notte dei lunghi coltelli è soltanto lo scotch che tiene formalmente insieme un'Unione ormai incapace di trovare, soprattutto in tema di immigrazione, il benché minimo accordo.
Il giocattolo non si è rotto, ma neppure aggiustato. Si resta nel limbo e dall'euforia dell'alba si è passati allo scetticismo della mattinata, fino al pessimismo del pomeriggio. Perché, al di là dei proclami, l'Italia continuerà ad essere l'accampamento degli immigrati, a meno che qualche Paese ci dia volontariamente una mano. Cosa da escludere, stando alle prime dichiarazioni post vertice dei parenti serpenti, Francia in primis.
Questa storia non lascia ben sperare per il futuro. Perché un conto è lanciare ultimatum e proclami attraverso le agenzie di stampa, altro è trattare alla pari con i grandi della Terra. E qui il nostro premier ha dimostrato tutta la sua inesperienza e debolezza, coccolato a parole, ma ignorato nei fatti. Come dire: in queste settimane abbiamo scherzato. Non ci sarà la ridistribuzione automatica e obbligatoria tra i Paesi dell'Unione dei disperati che toccano per primo il suolo italiano. Non ci saranno gli aiuti e i soldi promessi. E chissà per quanto riusciremo a tenere duro - su quello sì decidiamo noi - sulla chiusura dei porti. La spallata populista all'Europa non c'è stata, al massimo un pizzicotto. Segno che la strategia dell'attacco frontale è sbagliata o, comunque, c'è una enorme sproporzione tra gli annunci e i risultati.
Adesso, se non vogliamo rimanere al palo, dobbiamo riannodare i fili del dialogo. Ci vuole pazienza, ma soprattutto esperienza, il requisito su cui il nostro giovane ed esuberante governo è assai debole. Che almeno di questa musata si faccia tesoro per quando, a breve, si andrà a trattare sui conti.

Se ci fregano anche lì, allora sì che saremo fregati davvero.

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