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Il "falco" dei gilet gialli stanco della rivoluzione: "Mi fermo, troppo odio"

Marcia indietro di Eric Drouet, leader dell'ala dura. Sei francesi su 10: basta con le proteste

Il "falco" dei gilet gialli stanco della rivoluzione: "Mi fermo, troppo odio"

La rivoluzione stanca. Fa addirittura paura. Pure a un «falco» come Eric Drouet, il camionista di 34 anni a capo dell'ala dura dei gilet gialli, che su Facebook annuncia un clamoroso passo indietro dopo 23 settimane di proteste e violenze anti-governative di cui è stato finora il promotore. A dicembre proclamava: «Puntiamo all'Eliseo», spingendo governo e presidenza a parlare di «clima da colpo di Stato» in Francia. Oggi scrive: «Modalità pausa, per me, forse di più. Non è tutto finito ma sono al limite delle mie forze. Troppo odio, troppi insulti, troppe minacce alla mia famiglia, sono stanco, scusate». E ancora: «Preferisco prendere una pausa con i social network, sarò sempre alle manifestazioni ma in modo discreto e anonimo». Poi la denuncia delle intimidazioni ricevute: «dai foulard rossi» nati in opposizione ai gilets jaunes e alle loro violenze, «a tutte le altre persone che mi minacciano», a cui Drouet somma la «repressione e violenza della polizia», che a gennaio ha portato al ferimento a un occhio del compagno di battaglie, Jerôme Rodrigues.

Drouet scrive nel suo francese colloquiale, privo di punteggiatura, ma talmente immediato da aver contribuito alla fortuna del gruppo Facebook «La France en Colère», che ha fondato il 15 ottobre 2018 e da allora è diventato riferimento della Francia arrabbiata, il catalizzatore della protesta, a quota 308.567 iscritti. Da qui è partita la prima grande e inattesa manifestazione dei gilet gialli il 17 novembre, il più partecipato dei 23 sabati di rabbia (290mila persone in strada) nati per protestare contro il caro-carburante e diventati ben presto occasione per l'esplosione di una collera collettiva della classe media francese sul caro-vita e infine denuncia a tutto tondo contro la democrazia poco partecipata in Francia e le élite.

L'uscita di scena di Drouet, provvisoria o definitiva, arriva a 24 ore dal discorso con cui Emmanuel Macron annuncerà oggi una serie di riforme studiate proprio dopo le proteste dei gilet gialli, che hanno messo in forte crisi il suo mandato e spinto il presidente a correre ai ripari, convocando il Gran Débat National, con cui l'Eliseo ha voluto raccogliere le richieste e il malcontento dei francesi, nella speranza di limitare i danni. La pausa del «falco», che a gennaio fu fra i pochi, insieme al duro Christophe Chalençon, a rallegrarsi del sostegno del vicepremier Luigi Di Maio, è l'ultimo segnale di un movimento che si sta disgregando a causa delle divisioni interne e della mancanza di una leadership unica e condivisa. Drouet rappresenta l'ala dura, condannato in primo grado a duemila euro di multa per manifestazione non autorizzata a Parigi (si attende l'appello) e a giudizio il 5 giugno per porto di arma proibita, un bastone con cui era stato arrestato in manifestazione. È anche a causa sua che molti altri gilet gialli «moderati» hanno cominciato a disertare le proteste, divenute sempre più violente, al punto che sabato scorso si sono contate 27.900 persone in piazza in tutta la Francia. Prima di lui, piano piano, a causa dell'estremismo dei gilet gialli - in teoria apolitici, ma di fatto avvicinati all'inizio dalla destra estrema e ora infiltrati dai black bloc di estrema sinistra - molti aderenti e leader della prima ora come Ingrid Levavasseur hanno abbandonato il campo. Anche dalle elezioni europee, a cui non parteciperà la colomba Jacline Mouraud, che punta alle amministrative, ma probabilmente solo il falco Chalençon. Resta da capire se l'ala moderata la spunterà e se la spinta della protesta popolare anti-Macron si è esaurita. I gilet gialli nei sondaggi sono inesistenti, sotto il 5%, ma potrebbero rosicchiare voti decisivi a Marine Le Pen nel testa a testa con Macron. Intanto sembrano aver perso il sostegno popolare: una rilevazione BfmTv dice che il 60% dei francesi vuole lo stop delle proteste. Un buon motivo per la fuga di Drouet.

Un sospiro di sollievo per Macron.

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