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Fallisce il colpo di Emiliano: "Matteo ha scelto: scissione"

Il governatore pugliese tenta l'ultima mediazione, il leader neanche risponde. L'ira di Bersani e D'Alema

Fallisce il colpo di Emiliano: "Matteo ha scelto: scissione"

No, la casa comune non è più qui. La Ditta cambia sede e colori (si torna al rosso vivo). Se ne accorgono a naso, prim'ancora che nelle parole fiorentine che il segretario Renzi rivolge loro. Sentono a pelle il «muro alzato» che li respinge, quasi fosse quello di Trump col Messico. «Ci hanno bastonato, il bello è che soffrono loro», lamentano all'unisono Bersani e Rossi.

Eppure gli «effetti speciali» del leader, «la sinistra che fa spettacolo» secondo la definizione che ne dà Bersani in tv, hanno avuto la capacità di scuoterli, spiazzarli, far perdere lucidità per tutta la durata dell'Assemblea. Al punto che solo un paio d'ore dopo la fine, e dopo un vorticoso giro di incontri e telefonate riservate, il Trio delle (rinnovate) sorti progressive della sinistra si ricompatta, si ricompone, emette la nota che sembra decretare la sospirata parola fine. «Anche oggi nei nostri interventi c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla... La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Firmato: Emiliano, Rossi e Speranza.

Una scissione quasi in sordina e priva del «gesto» clamoroso che qualcuno attendeva (e ha cercato di provocare) in Assemblea. Ma se l'ex segretario Epifani, intervenuto dopo Renzi, coglieva subito la chiusura su tutta la linea, il fuoco di fila degli uomini del segretario (mobilitato persino Veltroni!) finiva per convincere la minoranza che forse c'era uno spiraglio. Raccontano anche di un concitato scambio di vedute tra i tre, nel quale Emiliano sembrava possibilista, Speranza e Bersani i più polemici. Merito anche delle voci abilmente messe in campo dai renziani anche su qualche quotidiano, che accreditavano alla vigilia già una spaccatura in atto tra gli scissionisti. Sospetti che sembravano prender corpo quando Emiliano concedeva dal palco una sussurrante apertura di credito al segretario, addirittura dichiarando fiducia in lui. «Sto facendo uno sforzo per non tornare al clima precedente che ci potrebbe portare in una situazione di grande difficoltà... Ragioniamo... Penso a questo punto di potervi dire che consegno con la massima determinazione e affetto, la possibilità vera e reale di togliere ogni alibi al processo di scissione. Il problema è solo di metodo...». Il «cinque» a Matteo, che pure durante il discorso del governatore pugliese era sembrato sbeffeggiarlo agendo come un capo-claque, sigillava l'ultimo tentativo. La risposta arrivava a stretto giro: Renzi rinunciava alla replica. Bene così, rien ne va plus. Uno smacco e uno schiaffone finale che faceva trasecolare i bersaniani, incavolare nero Emiliano, confondere Rossi. A rimettere i tasselli, oltre che l'esperienza di Bersani, quella del «conducator della scissione» (come lo irrideva Giachetti dal palco), l'assente D'Alema. Troppi anche gli attacchi alla sua persona, per poter digerire la bistecca.

Il percorso futuro sembra segnato: in settimana dovrebbero essere ufficializzati i nuovi gruppi (si parla di una quindicina di senatori e una ventina di deputati). Sul nome si sta ragionando: potrebbe far capolino per la prima volta la parola «socialisti» (dopo «democratici»), oppure un chiaro riferimento all'«Ulivo» che metterebbe in chiaro imbarazzo i pidini. Assai prematuro qualsiasi discorso elettorale, che dipende dalla legge che ci sarà. Possibile la federazione nel Campo progressista di Pisapia, che proprio ieri aveva parlato di «persone di sinistra che sentono di non avere più casa. Voglio provare ad offrirgliene una».

Bilocale in periferia o villetta vista mare, si capirà poi.

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