Cronache

È la famiglia la "rete" giusta per i più piccoli

È la famiglia la "rete" giusta per i più piccoli

Spiegazione di che cosa sia Messenger Kids (fatta da Loren Cheng, product manager): «C'è la necessità di app di messaggistica che consentano ai bambini di mettersi in contatto con le persone che amano, ma in modo controllato dai genitori». Per «mettersi in contatto» si intende non un contatto fisico: si intende attraverso lo schermo di un computer, un tablet, un telefonino. Il «contatto» è rappresentato da «messaggini e video chat», come già avviene su Facebook, per gli adulti: ai quali già il tutto crea problemi di dipendenza, sindrome di Peter Pan rediviva con conseguenti problemi di identità (a 40 anni...), diffusione di scempiaggini su larga scala e con compiacenza preoccupante, vanità sfrenata, riscaldamento di minestre sentimentali e passioncine delle medie, etc etc. Allora la spiegazione di Loren Cheng chiarisce tutto: tutta l'assurdità di quella presunta «necessità». Se un bambino deve mettersi in contatto con una persona che ama (la mamma, il papà, l'amichetto, il cuginetto: chi sono le persone che i bambini amano, fra i 6 e i 12 anni?), c'è bisogno che i genitori lo controllino? No. Se un bambino gioca con un amico, per esempio in camera, un genitore non deve controllare lo scambio di parole che avviene: quello è un momento di libertà (vabbeh, controllerà che non litighino, o che non distruggano l'armadio). Invece il paradosso è che, nella millantata libertà e apertura, si debba esercitare la censura: ed è logico, perché il mezzo, semplicemente, non è adatto. È vero che i bambini oggi sono social per natura, digitali dalla nascita, tecnologicamente abili per istinto.

Ma dà i brividi pensare che l'intera rete sociale della famiglia sia finita in un social network.

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