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La farsa dei nazionalisti polacchi ad Auschwitz

Protestano e tentano di entrare nel campo di sterminio: «Ricordate solo le vittime ebree»

La farsa dei nazionalisti polacchi ad Auschwitz

Berlino «Il linguaggio dell'odio avvelena l'immaginazione e addormenta le coscienze». Con queste parole il direttore del museo di Auschwitz, Piotr Cywinski, ha aperto la cerimonia per commemorare la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau 74 anni fa. L'ingresso delle truppe sovietiche nella più efficiente macchina della morte messa in piedi dall'uomo ha obbligato il mondo a vedere quello che il mondo rifiutava di vedere: lo sterminio degli ebrei d'Europa e, con loro, di decine di migliaia di rom, omosessuali, disabili fisici e mentali, oppositori del nazismo. Alla cerimonia ha partecipato anche il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e fra, gli altri, il 93enne Leon Weintraub, ebreo del ghetto di Lodz sopravvissuto ad Auschwitz. Chissà se, mentre metteva in guardia dal razzismo, l'anziano medico si è accorto che poco lontano qualcuno manifestava contro di lui.

La cerimonia è stata contestata da un gruppo di nazionalisti polacchi assembratisi alla locale stazione dei treni. Fra le foto di polacchi uccisi dai nazisti e lo sventolio di bandiere della Polonia, una cinquantina di nazionalisti ha protestato contro il governo, accusandolo di non ricordare i cittadini polacchi rimasti uccisi nel campo di sterminio nazista ma di concentrarsi troppo sugli ebrei. Accuse che non stanno in piedi: da un lato il 90% degli oltre 1,1 milioni di persone uccise ad Auschwitz erano ebrei, dall'altro la commemorazione avviata da Cywinski è ecumenica e ricorda tutte le vittime dei nazisti e dei loro collaboratori. Guidati da Piotr Rybak, noto alla polizia per aver bruciato un fantoccio raffigurante un ebreo ortodosso a una manifestazione di piazza a Wroclaw nel 2015, gli sbadati nazionalisti polacchi sembrano anche aver dimenticato che dei sei milioni di ebrei morti nello sterminio, oltre tre milioni erano cittadini polacchi.

La protesta inscenata da Rybak dimostra ancora una volta che la Polonia non è venuta a patti con il suo passato: il partito di governo contestato dai nazionalisti è lo stesso che mesi fa ha fatto approvare una legge che prevedeva il carcere per chi parlasse di «campi di sterminio polacchi», un modo di addossare la responsabilità del genocidio ai soli nazisti tedeschi. Approvata a febbraio 2018 dai deputati del partito di maggioranza PiS (Diritto e Giustizia), la legge è stata modificata a giugno dopo le proteste del presidente israeliano Rivlin, secondo cui «anche la Polonia e i polacchi hanno avuto un ruolo nello sterminio». A sostenerlo oggi non si rischia più il carcere ma una multa.

Più a ovest, ore prima, il direttore della fondazione Memoriale di Buchenwald, Volkhard Knigge, aveva messo le mani avanti: con una lettera aperta ai parlamentari di AfD in Turingia (il Land tedesco con Buchenwald), Knigge aveva invitato AfD, «che continua a sminuire lo sterminio degli ebrei» a tenersi lontana dalla commemorazione.

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