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Fassino implora il sì di Prodi E arriva l'appello di Gentiloni

Dopo l'incontro con il mediatore, il Prof si limita a un ok di circostanza. Il premier: «Centrosinistra largo e unito»

Fassino implora il sì di Prodi E arriva l'appello di Gentiloni

Prodi l'incoraggia, D'Alema non lo scoraggia. Bersani è un miraggio. Grasso appena appena lo scheggia, Pisapia forse lo punteggia. La Boldrini rumoreggia. È al suo clou, la commedia dell'arte pidina, che poi è in realtà la tragedia che conosciamo. E nessun personaggio meglio di Piero Fassino avrebbe potuto irrompere in scena a questo punto dell'intreccio per dichiarare al mondo che «ambasciator porta pena».

Le stupende avventure del signor Fassino rischiano di assurgere al topos, alter ego di un Bonaventura all'incontrario (se gli alter ego non li avesse già tutti occupati Di Maio). Un Malaventura che ieri mattina ha incontrato nel centro di Bologna, nel quale non si perde neanche un bambino, l'origine del Tutto: nientepopodimeno che Romano Prodi. Mezz'ora tesa, di consapevolezze implicite ed esplicite, in quanto che il Professore non venisse neppure invitato alla festa del Decennale del Pd all'Eliseo è stata davvero una vigliaccata mai andata giù. Non c'era bisogno di dirlo o sottolinearlo. Bastava il volto del Fassino che chiede pietà. Che implora il vecchio Romano a impartire almeno una benedizione, un viatico, un «auguri!», un'intervista alla Veltroni (che ormai inonda con i suoi appelli luoghi pubblici e privati, sempre perché «non fa politica attiva» ma è «un cittadino preoccupato»). Mezz'ora «franca e cordiale» per spuntare, almeno per ora, soltanto lo straccio di un permesso. «Posso dire almeno che è stato molto positivo?», ha azzardato Piero. Mmm, ha taciuto l'altro. «Posso aggiungere che il padre dell'Ulivo e del Pd condivide e apprezza la mia iniziativa...?». Mmm, e ora ve lo ricordate?, fiammeggiavano gli occhi del Professore. «Ok, la tua iniziativa l'apprezzo. Puoi dirlo». Quel che non ha aggiunto Prodi, era nel sottotesto. «Tanto non vai da nessuna parte, Piero. Come per la Birmania, come per i migranti, come per i Ds. Piero se c'è uno che non sa mediare, col tuo carattere irascibile, quello sei tu. Se ti sei ridotto a questo, se sei costretto a questo, povero Piero, non è colpa tua, ma di quello là. Tu sai chi».

Indispettiti dal fatto che il segretario Renzi abbia incaricato Fassino di prendersi gli sputi al posto suo, anche gli incontri precedenti non erano stati da meno. Al Senato, Grasso l'ha ricevuto con bonomia istituzionale nel giorno in cui il Pd l'aggrediva sulla sua presunta mancanza di «imparzialità» (ma perché, lo era solo se iscritto al Pd?). Da cineteca la telefonata con D'Alema. «Pronto... Max?». «Piero so che sei tu. Lascia perdere». «Dai, così perdiamo». «Con te e Renzi, perdiamo. Non ti volevo neppure rispondere, mi ha costretto Linda, il cane abbaiava. Rivolgiti a Speranza». Siccome la speranza è l'ultima a morire e la vita di Piero è lì a testimoniarlo, ha già ottenuto un appuntamento da Pisapia in settimana. Il Pd le sta provando tutte, persino il mite silente Gentiloni è intervenuto con un appello per una sinistra «larga e unita», e Orlando vorrebbe stanare Mdp presentando emendamenti comuni sulla manovra.

Ma intanto solo Fassino ha il mandato per discutere su qualsiasi cosa, «persino il Jobs Act», strabuzza gli occhi, mentre gli altri sospirano d'umana solidarietà.

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