Politica

Faymann sconfitto dai rifugiati Il premier austriaco si dimette

La decisione presa dopo che per la prima volta in 70 anni al ballottaggio non ci sarà un candidato socialdemocratico

Noam Benjamin

Dimissioni nel mezzo della campagna per le presidenziali in Austria. A meno di due settimane da ballottaggio per la scelta del nuovo capo dello Stato, il cancelliere socialdemocratico austriaco Werner Faymann ha dato uno scossone alla politica nazionale annunciando un passo indietro «da tutte le sue responsabilità».

«Questo Paese ha bisogno di un cancelliere che abbia il pieno sostegno del suo partito», ha annunciato Faymann lunedì, aprendo la crisi politica.

Il capo del governo ha puntato l'indice contro la stessa formazione da lui guidata, l'Spö, mettendone a nudo le difficoltà. La crisi è politica ed elettorale: unita nell'ennesimo governo di grande coalizione con il Partito popolare austriaco (Övp), l'Spö sembra avere smarrito la rotta, inanellando una serie di rovesci elettorali.

La crisi è aggravata dall'imminente ballottaggio: il 22 maggio i cittadini eleggono il nuovo capo dello Stato. La scelta è fra il candidato della destra estrema (il Partito della Libertà, Fpö), Norbert Hofer forte al primo turno di oltre il 35% dei voti e quello dei Verdi, Alexander Van der Bellen, con il 21,3% dei consensi. Ad andare malissimo lo scorso 24 aprile sono stati proprio i socialdemocratici e i popolari che, sommati, hanno superato appena il 22%. La pesante sconfitta ha indebolito il cancelliere e finito per spaccare l'Spö in due.

Alla sinistra del partito già non era piaciuta l'inversione a U del cancelliere in tema di profughi: nell'estate del 2015 Faymann aveva appoggiato la linea dell'accoglienza della cancelliera tedesca Angela Merkel. Travolto subito dopo dal grande afflusso di disperati e dai disastri elettorali, a inizio anno Faymann ha dato carta bianca all'ex titolare degli Interni, la popolare Johanna Mikl-Leitner, contro i rifugiati. In poche settimane la ministra di ferro ha convinto i suoi omologhi balcanici a chiudere ogni via di terra ai profughi, ha fissato un tetto al diritto d'asilo e, in barba agli accordi di Schengen, ha iniziato a sigillare il Brennero, minacciando di strozzare l'Italia se altri rifugiati dovessero tentare la risalita dal Belpaese. Una linea durissima che ha sorpreso Roma e Berlino anche se a quest'ultima lo stop ai rifugiati fa comodo. A far traboccare il vaso e la pazienza della sinistra del partito di Faymann è stata infine la linea ambigua del cancelliere alle presidenziali. A dispetto delle attese del borgomastro di Vienna, Michael Häupl, che governa in coalizione con gli ecologisti (e che dovrebbe assumere la guida interinale del partito), il cancelliere non ha chiesto di votare per il verde Van der Bellen.

In altre parole Faymann non ha indicato nel nazionalista Hofer «l'uomo nero» da battere a tutti i costi, sdoganando il recente accordo di governo nel Burgenland, il più piccolo e orientale degli Stati federati (Länder) austriaci: qua l'Spö ha infranto un tabù e formato un governo di coalizione con il Partito della Libertà.

Benché eletto dal popolo, il capo dello Stato in Austria ha come in Italia un ruolo largamente cerimoniale. Come in Italia, però, maggiore è l'incertezza politica e maggiori sono le responsabilità del presidente della Repubblica. Hofer ha già annunciato che se sarà eletto chiederà lo scioglimento del Parlamento.

Se i socialdemocratici non risolveranno la loro crisi di identità in maniera chiara e univoca rafforzando l'esecutivo, nel giro di pochi mesi la Repubblica alpina potrebbe essere chiamata di nuovo alle urne.

E i sondaggi sono tutti per l'Fpö.

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