Cultura e Spettacoli

Fazio non rende alla Rai L'allarme degli sponsor

Il conduttore non raggiunge gli obiettivi. Gli addetti ai lavori: costo degli spot va rivisto

Fazio non rende alla Rai L'allarme degli sponsor

La Rai sostiene che non ci sono problemi sugli ascolti e sugli incassi pubblicitari di Che tempo che fa, perché «sono in linea con le previsioni, anche quelle degli inserzionisti».

Ieri abbiamo dimostrato, dati alla mano, che il valore dei break pubblicitari all'interno di Che tempo che fa invece è diminuito. Un fatto, di per sé, elementare: se calano gli spettatori, gli spot vengono pagati di più di quanto valgono. Allora abbiamo chiesto ai centri media, che si occupano di contrattare le campagne pubblicitarie tra le televisioni e le aziende che investono, e dunque hanno i conti in mano, come stanno le cose.

«Non c'è dubbio - ci risponde Giuseppe Basile, responsabile area tv di Publicis Media - che ci sia una notevole differenza tra quanto promesso da Rai pubblicità in termini di contatti (persone che guardano gli spot, ndr) e i risultati di Che tempo che fa». Praticamente la differenza è di circa un milione di spettatori: la Rai prometteva quattro milioni di contatti a settembre, e quattro milioni e 200mila a novembre (quando, nei mesi più freddi, aumenta la platea tv), mentre a ottobre sono calati a 3.300.000 e nell'ultima puntata addirittura a 2.800.000. Sostanzialmente, nel complesso, il venti per cento in meno di quanto preventivato, percentuale molto peggiore nelle ultime puntate.

«Per questo motivo noi abbiamo lanciato l'alert ai nostri clienti, segnalando il trend negativo del programma. Le nostre preoccupazioni riguardano soprattutto il futuro, perché lo show non mostra segnali di ripresa. Per questo valuteremo, tra gennaio e febbraio, con le nostre aziende come modificare gli investimenti. Ma sarà la stessa concessionaria Rai, con tutta probabilità, a proporci prezzi inferiori». Insomma, come abbiamo spiegato ieri, tutto ciò non vuol dire che ci siano perdite sonanti per le casse di Rai pubblicità, proprio perché i risultati inferiori di alcuni programmi vengono compensati dal successo di altri, come in ogni campagna pubblicitaria. Però se lo show dovesse perdere ancora spettatori, allora, la tv di Stato dovrà regalare spot agli investitori interessati per ripianare i costi dei contatti pagati ma non raggiunti. E questo alla fine si traduce in un mancato introito. «In sostanza - spiega ancora Basile - Che tempo che fa sta performando quasi come quando andava in onda su Raitre (quando in effetti rendeva), peccato che gli spot su Raiuno vengano venduti al doppio».

A dimostrazione di tutto questo, si può leggere il grafico riportato sotto con i dati elaborati dallo studio Frasi. Si basa sul valore di listino di 90.000 euro di un singolo spot di 15 secondi. E, come abbiamo ben specificato ieri, sono valori teorici, in quanto nessuna concessionaria vende spot in singoli programmi, ma all'interno di campagne pubblicitarie complesse. E i numeri dicono che i break valgono dall'8 fino al 50 per cento in meno (nel segmento del «tavolo»), a seconda degli orari di messa in onda.

Per completezza riportiamo quanto specificato ieri in un comunicato dalla Rai. «Confrontando i risultati complessivi del prime time domenicale di Raiuno dell'autunno 2017 rispetto all'identico periodo dello scorso anno, Che tempo che fa guadagna complessivamente un +1,83% di share: la rete ha il 16,35% contro il 15,52% del 2016. Con un costo di 410mila euro a puntata, ovvero un terzo di un episodio di una fiction. L'azienda ribadisce inoltre con grande soddisfazione che Raiuno è la rete che guadagna di più (2 per cento) nell'attuale periodo di garanzia, dall'11 settembre a oggi».

Ma il punto, evidentemente, non è questo.

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