Politica

Fazio ospita l'indagato Lucano: lezioncina di buonismo in tv

In prima serata Rai esaltato il "modello Riace". E l'ex sindaco straparla: "Pure le leggi naziste erano la legalità"

Fazio ospita l'indagato Lucano: lezioncina di buonismo in tv

Le manette ai polsi e al «modello Riace» non l'hanno spinto a fare un passo indietro. Mimmo Lucano non lascia ma raddoppia: concede una chilometrica intervista a Repubblica, poi all'ora del derby è ospite nello studio di Fabio Fazio per il programma Che tempo che fa. Il sindaco ormai sospeso di Riace viaggia portandosi dietro una nuvola di polemiche e la sua battaglia, politica e giudiziaria, si fa anche mediatica, nel tentativo di sfuggire alla tenaglia stretta dalla procura di Locri e dal Viminale che quasi in contemporanea ha chiuso il suo esperimento. «Non vogliono uccidere me - dice torrenziale a Repubblica - ma Riace. Vorrebbero cancellarne la storia e farla scomparire dentro la sua geografia, in fondo alla montagna calabrese. Ma l'odio sta rendendo Riace più viva».

Più che un colloquio, la chiacchierata sembra una dichiarazione di guerra. Con affermazioni sorprendenti: la proprietà privata «a Riace non serve. È una città libertaria. Il modello è quello delle comuni degli anarchici francesi». Lucano non è personaggio che coltivi più di tanto l'autocritica. E anzi rilancia: «Ho sbagliato ad allargare troppo il modello Riace, l'ho portato fuori dal centro storico e ho attirato qualche speculatore». Tutto qua. Nessun accenno ai matrimoni taroccati e ai pasticci che gli imputa il Viminale, anche se va detto che gran parte dei capi d'accusa contestati dai pm sono stati spazzati via dal gip. Fazio lo accoglie, rispedendo al mittente le critiche dei leghisti: «Siamo per l'inclusione. Siamo aperti a tutti». Anche a chi è sotto indagine e potrebbe pure essere condannato.

Poi tocca a lui. Spiega Riace per titoli: «La spontaneità che è diventata una strategia. L'accoglienza diffusa. Il riscatto». Fazio prova ad andare oltre. Bisogna fare a pugni con le regole? Lui gira intorno al concetto: «Non c'è nessuno fuori legge. A Riace venivano i richiedenti asilo». Non i clandestini. «Il matrimonio - riprende - che mi contestano è stato regolare, mi sono limitato a fare le pubblicazioni». Poi attacca: «Anche le leggi del periodo nazista erano la legalità». In studio applaudono la sconsiderata equazione fra l'Italia di oggi e la Germania degli anni Trenta. Lucano insiste: «Volevano che i pescatori stessero fermi davanti ai migranti che affogavano. Cosi non si può».

La frase non è chiarissima, ma il primo cittadino in stand by sembra di nuovo voler puntare il dito contro uno Stato cinico e disumano. Intendiamoci, in parte può pure essere, ma quelle di Lucano sembrano prove tecniche di disobbedienza civile. Anche se le accuse contro di lui sono concrete e terra terra: come lo sposalizio combinato a tavolino, una sorta di truffa per far entrare in Italia chi non ne aveva diritto. «Vogliamo cambiare il mondo», tira diritto. «Se uno ti chiede aiuto - rivendica - l'impulso di umanità prevale su tutto».

L'autodifesa si trasforma in requisitoria: «Non può prevalere questa società delle barbarie». Cita padre Alex Zanotelli e Pepino Impastato, non riconosce una leggerezza, come la chiama Fazio, che sia una. La voce è a tratti spezzata, ma il tono è da comizio, a tratti un po' confuso: Riace è il frammento di un mondo migliore che ha incantato artisti come Wim Wenders. Il resto, pare, non conta. Il governo gialloverde si ritrova unito su questo anarchico del Sud. Prima Luigi Di Maio: «C'è un sindaco che ha violato la legge e si dice invece che abbia creato un modello. Non può essere cosi». Poi Salvini: «Lucano dice che la proprietà privata non serve. Follia.

Per fortuna vincerà il modello Lega».

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