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Dal federalismo ai debiti. L'estate nera delle Regioni

La scoperta di 20-25 miliardi di rosso è l'ultimo scandalo che travolge gli enti regionali. Truffe sui rimborsi, sprechi nella sanità, buchi delle società partecipate: devolution addio

Dal federalismo ai debiti. L'estate nera delle Regioni

Da «base fondamentale della nuova Italia», come le definì De Gasperi, a roccaforte contro il centralismo di Roma (ladrona) in più recente epoca leghista, a teatrini di ruberie e truffe sui rimborsi consiliari, a buchi neri del bilancio pubblico. Non si poteva immaginare un epilogo peggiore per le Regioni italiane, immaginate dai padri costituenti per meglio amministrare lo Stato nato dalle ceneri del Ventennio (grande sponsor all'inizio fu la Dc, che però poi ne congelò l'attuazione, per timore che i comunisti conquistassero il potere locale), divenute nel disfacimento degli ultimi anni, complici anche i pasticci tra riforma del titolo V e federalismo fiscale, eccezionali centri di sprechi e malgoverno.

La bocciatura del bilancio 2013 della Regione Piemonte, stabilito dalla Consulta dopo aver scoperto il trucco contabile usato da quasi tutte le amministrazioni regionali (farsi prestare i soldi dallo Stato per finanziare, anziché i debiti arretrati, nuova spesa corrente) ha squarciato il velo su un abisso, che ora è davanti agli occhi dei tecnici del Tesoro e della Ragioneria di Stato: qualcosa come 20 miliardi di euro di buco complessivo per le Regioni italiane. Anche di più stima il bocconiano Massimo Garavaglia, assessore della Regione Lombardia, rarissimo caso virtuoso in un gruppo composto da maglie nere: «Tranne la Lombardia tutte le Regioni a statuto ordinario rischiano questo buco fino a 25 miliardi di euro, ed anche alcune di quelle a Statuto speciale. Il problema è talmente grosso che nessuno può far finta di nulla».

E se il buco va coperto i modi sono due: o le Regioni tagliano spesa inutile, oppure (più semplice) aumentano le tasse. È la strada seguita dal governatore piemontese Chiamparino, con un aumento delle addizionali Irpef per i piemontesi, così da «evitare il default regionale», spiega il presidente piddino. È probabile che altri governatori seguiranno l'esempio.

Ma a questi 25 miliardi di rosso vanno aggiunti altri buchi, che nei bilanci regionali si contano come quelli nel gruviera. Visto che la gestione finanziaria è così brillante, le Regioni amministrano anche svariate società partecipate, molte inutili. Solo la Toscana, e solo nel 2014, ha accumulato un disavanzo di 5,3 milioni di euro con i propri «enti strumentali» (dalle terme alle acque minerali ai campi da golf). In media il 40% delle partecipate regionali italiane è in rosso, e le loro perdite sono superiori ai pochi utili prodotti da quelle che non chiudono in disavanzo. Con punte negative nel Sud (il 70% è in rosso), dallo zuccherificio regionale del Molise al sale della Regione Sicilia, il conto è sempre amaro. La Sicilia, appunto. Tra le Regioni a statuto speciale è quella messa peggio, la Grecia italiana. Il debito della regione governata da Crocetta è come quella di un piccolo Stato in default: 7 miliardi 525 milioni e 547mila euro di debiti.

L'autonomia e il potere di spesa accordato alle Regioni è finito in barzelletta, con le indagini su rimborsi truffa per i consiglieri regionali: cene, viaggi, hotel, regali, multe, buffet a matrimoni e funerali, vibratori. Il «sistema Fiorito» era la prassi ovunque. In Parlamento si moltiplicano proposte per ridisegnare la geografia regionale, diminuendo ad otto il numero delle regioni. Mentre si medita, il rosso regionale si gonfia fino ad esplodere. Cornuti e mazziati i pagatori di tasse. Premiati, invece, gli amministratori.

Con la riforma del Senato, infatti, saranno loro, i consiglieri regionali, i nuovi senatori.

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