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Minoranza dem in fermento dopo l'addio di Civati dal Pd

Tra di loro ci sono i civatiani Corradino Mineo e Walter Tocci, oltre ai bersaniani Miguel Gotor, Vannino Chiti e Paolo Corsini

Minoranza dem in fermento dopo l'addio di Civati dal Pd

"Per coerenza con quello in cui credo e con il mandato che mi hanno dato gli elettori, non mi sento più di votare la fiducia al governo Renzi". L'uscita di Pippo Civati dal Pd innesta una serie di reazioni dentro la minoranza interna e al momento pochi sembrano intenzionati a seguire il suo percorso.

Il più enigmatico è Alfredo D'Attorre che, in Transatlantico parlando con i giornalisti, dice che "al momento" non uscirà dal Pd e che si batterà fino all'ultimo "contro lo snaturamento del partito". "Io mi batterò per evitare il divorzio tra il Pd e la sinistra", dice l'esponente della minoranza come se ormai il Pd e la sinistra siano due entità contrapposte. Al Giornale.it D'Attorre spiega: "Molti nostri elettori ormai vedono il Pd come un partito di centro dove c'è un po' tutto. La piazza di ieri della manifestazione contro la scuola ne è una dimostrazione. Un partito in quanto tale deve scegliere da che parte vuole stare, non può rappresentare tutti".

Dello stesso avviso è anche il bersaniano Nico Stumpo secondo cui "il Pd rischia di diventare un grande Udeur e l'uscita di un esponente come Civati che un anno fa si era presentato alle primarie per la segreteria nazionale rappresenta un problema politico su cui il partito deve riflettere". "Bisogna ristabilire i confini politici in quanto molti iscritti non hanno rinnovato la tessera e lo stesso Renzi ha ammesso che bisogna rivedere l'organizzazione del partito e il sistema delle primarie", spiega Stumpo che all'epoca della segreteria Bersani era il responsabile dell'organizzazione del partito.

Se alla Camera saranno pochissimi i dem che seguiranno Civati, a Palazzo Madama in questi ultimi due giorni si sono riuniti i 22 dissidenti del governo che stanno discutendo un documento da presentare al capogruppo Zanda in cui chiederanno a Renzi di riaprire il confronto su alcuni temi, primo tra tutti la riforma della scuola e quella del Senato. Tra di loro erano presenti i civatiani Corradino Mineo e Walter Tocci, oltre ai bersaniani Miguel Gotor, Vannino Chiti e Paolo Corsini ma, da fonti sicure, nonostante le dichiarazioni bellicose dell'ex direttore di Rainews, è difficile che personalità così legate alla "cultura del partito" lascino il Pd.

Secondo Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera, con Civati c'è la possibilità di creare un "soggetto largo, riformatore, popolare, di governo e di sinistra" su cui si sta già lavorando anche con alcuni ex Cinquestelle. "Alla Camera servono 20 deputati per formare un gruppo e, quindi, o i dissidenti escono in massa dal Pd oppure chi esce si deve confrontare con noi di Sel che siamo già 27". A Palazzo Madama per fare un gruppo bastano 10 senatori e i vendoliani stanno nel misto perché sono solo 7. Soltanto nel caso in cui riuscissero a imbarcare qualche ex grillino come il senatore Campanella e almeno 2 dei 5 civatiani i vendoliani potrebbero pensare di costituire un gruppo.

L'uscita dalla scena politica di Vendola, la vicinanza con Civati e la mancata partecipazione alle regionali con il simbolo di Sel lasciano supporre che la nascita di un nuovo progetto politico a sinistra del Pd è vicina ma da uno dei "responsabili" di area riformista si esclude che Gianni Cuperlo o Pier Luigi Bersani ne possano far parte.

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