Politica

La fiera del tatticismo. Il Pd verso il congresso senza un'idea in testa

Da Gentiloni appoggio «soft» a Zingaretti. Il governatore: «Voglio disarticolare il M5S»

La fiera del tatticismo. Il Pd verso il congresso senza un'idea in testa

Niente male, l'«ebbrezza del noi». Si esibisce con acredine e veemenza su un drappello di animalisti che reclamano rispetto per la natura e imprecano contro i codicilli che nei Parchi della Regione Lazio concedono libertà edilizia senza precedenti, e deroghe per cacciare fauna selvatica. Gli animalisti protestano, interrompono il governatore-candidato Nicola Zingaretti nella sua «discesa in campo», il «noi» gaudioso di una parte (per fortuna decimale) dei circa tremila militanti si accanisce con spintoni, calci e pugni. Per un attimo Zinga perde la maschera del buonuomo e insulta, chiamandoli «malati psichiatrici».

Non comincia perciò al meglio, la scalata zingarettiana al Pd, che pure si avvale di un parterre senza defezioni. C'è Franceschini, il più atteso per truppe e vettovagliamenti; c'è Zanda con le sue estese relazioni nei Palazzi; la Pinotti come forza armata. Il resto, alla manifestazione Piazza Grande nell'ex dogana di San Lorenzo a Roma, ce lo mette Zingaretti, sciorinando il suo pantheon con Paolo VI santificato e l'ex presidente nazionalpopolare Ciampi. Il «colpo», diciamo così, è invece la figlia di Marthin Luther King, Bernice, che apre la kermesse con i concetti che più tardi saranno italianizzati da Zingaretti in: «le idee eversive di Salvini e il suo immondo atto su Riace». Eppure il «mostro da guardare in faccia», ricorderà Zinga, non è neppure il «sorriso quasi ebete di Di Maio», quanto piuttosto il fatto che «i cittadini hanno scelto loro e abbandonato noi». Questa la piccola, unica, grande verità con cui fare i conti. Ci proverà l'ex premier Gentiloni - il suo è un endorsement soft per il governatore laziale - quando parlerà di un «partito che non può assolversi, anche se la nuova strada non è fatta di abiure. Però non rifugiamoci nell'album dei ricordi». Eppure uno gli sfugge, quando si augura che non si farà «del web il passatempo della nostra classe dirigente» (vero, Renzi?, ndr). È l'ora nella quale non si parla apertamente male l'uno dell'altro. Gentiloni, maestro del settore, si proclama garante dell'unità, pure Minniti sarebbe un buon leader, ma occorre «andare oltre il Pd». Ci vuole una «grande alleanza per l'alternativa di cui il Pd sia il motore». In pratica, l'Ulivo ricicciato (chi sarebbero gli «altri», non dice). Zingaretti s'accoda felice: basta con l'«illusione dell'Io», basta «tifoserie e macedonia d'invettive contro qualcuno di noi», niente «abiure del passato, ma cambio di passo». Il governatore propone la ricetta della nonna: Fronte unico e «disarticolazione dei M5S in virtù di una nostra forte iniziativa politica».

Ma le idee sono ridotte al lumicino. Persino l'ex segretario Renzi, presentando la Leopolda 9 in un'intervista, si fa agnellino. Annuncia pure una «contromanovra» messa giù con l'ex ministro Padoan. Poche ore dopo, però, dal Nazareno lo staff del segretario Martina fa sapere che la «contromanovra» di Padoan e C. già esiste ed è stata promossa da Martina, nonché presentata ai sindacati e in Parlamento il 4 ottobre. Scipparla per farsi bello alla Leopolda non è stata proprio un'azione amichevole.

Però c'è una settimana per rimaneggiarla un po' e, in fondo, resterà solo lettera morta.

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