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Fillon rifà la destra francese E la gauche va nel panico

Per i sondaggi il leader vincerebbe la corsa all'Eliseo anche ai ballottaggi: la Le Pen si fermerebbe al 33%

Fillon rifà la destra francese E la gauche va nel panico

Il neo colonnello della destra gollista François Fillon sta già ridisegnando i Républicans a sua immagine e somiglianza. Via il sarkozista Laurent Wauquiez rimpiazzato da Bernard Accoyer alla guida del partito. E sguardo verso l'Eliseo. Diventato liberale, tatcheriano, alle primarie ha convinto quasi 2,9 milioni di persone (su 4,3 milioni di votanti). Una cattiva notizia per Marine Le Pen che si trova di fronte una destra più forte e una gauche più divisa che mai che potrebbe votare per lui nel 2017. Secondo un studio Harris Interactive per LCP, Fillon otterrebbe il 26% al primo turno delle presidenziali il 23 aprile, staccando di due punti la leader del Front National e gli altri candidati. Vincerebbe senza problemi anche al ballottaggio con il 67%. Le Pen si fermerebbe al 33%, segnando comunque un ottimo risultato.

Se la destra gollista dispone le sue falangi, con lo sconfitto delle primarie del centrodestra Alain Juppé che ribadisce sostegno per far vincere il candidato dei Rèpublicans contro Le Pen, la sinistra è nel panico. «Constato ancora una volta che c'è una forte frammentazione», ammette il segretario del Ps Jean-Christophe Cambadélis. Difficile minimizzare le tensioni tra François Hollande e Manuel Valls che esclude le dimissioni da premier, ma non nasconde ambizioni presidenziali. Domenica ha aperto una frattura insanabile con l'Eliseo dicendosi pronto a candidarsi alle primarie contro Hollande. Un presidente uscente che non si è ancora candidato ufficialmente.

I sondaggi danno a entrambi un piazzamento tra l'8 e il 9%. Le cifre escluderebbero comunque i socialisti al primo turno. Dopo un pranzo riparatore con Hollande definito «cordiale» dal portavoce del governo, Valls assicura che «non ci sarà una crisi istituzionale». Ma non basta per tranquillizzare una gauche in cui spuntano come sciacalli candidati che hanno già tradito Hollande e il Ps. Primo fra tutti Emmanuel Macron, ex ministro dell'Economia. «Non ci saranno primarie fra il presidente e il primo ministro», sostiene Stéphane Le Foll in risposta alle notizie sull'imminente candidatura di Valls: «E inimmaginabile, se non per chi tende a confondere il proprio risentimento personale con l'interesse generale».

Il portavoce, fedelissimo di Hollande, spiega che «una candidatura del premier è in teoria possibile, ma in quel caso non sarà più primo ministro. Le cose stanno semplicemente così».

È però un fatto che la gauche si conterà il 22 gennaio col primo turno di primarie già fissato, e deciderà al ballottaggio del 29 gennaio su chi puntare. Se Valls, che resta premier «in onore del senso dello Stato», è disposto a correre, Hollande deve ancora sciogliere la riserva. È di fronte a un bivio. Rischiare l'umiliazione personale annunciando la mancata ricandidatura, o, ipotesi più probabile, correre alle primarie con la certezza di umiliare il partito socialista alle presidenziali. Stando ai sondaggi si fermerebbe al primo turno con l'8%. Meno di quanto ottenne l'uomo della sinistra comunista nel 2012. Quel Jean-Luc Mélanchon, leader del Front de gauche, che raggiunse l'11% nel 2012 ed ha accresciuto i consensi grazie alla crisi del Ps: tra il 14 e il 15%, se fosse lui il candidato di un rassemblement.

A destra, il portavoce del Front National Florian Philippot giudica «terribile il programma di Fillon, incarna la vecchia politica». E annuncia che invece Le Pen «vuole cambiare le cose». Ma un altro sondaggio pubblicato ieri dall'istituto Odoxa per France 2 accredita Fillon del 32% al primo turno, dieci punti davanti alla presidente dell'estrema destra, al 22%. Scenario che si confermerebbe al ballottaggio dove il gollista otterrebbe il 71% e Le Pen il 29%.

A temere Fillon è anche la cancelliera Angela Merkel. Il conservatore, che dovrebbe essere sostenuto dalla Kanzlerlin poiché entrambi centristi di destra, non piace a Berlino, dove è emersa più di un'allerta per il suo progetto: in caso di vittoria alle presidenziali proporrà un governo comune per i Paesi che usano l'Euro, non per l'intera Ue.

Un modo per dire addio a un'Europa germano-centrica.

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