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Finita la tregua Matteo-toghe. Smentito il pressing di Di Maio

Salvini all'attacco dei magistrati di sinistra ora tuona: "L'obbligo dell'azione penale? Ipocrisia, è da rivedere"

Finita la tregua Matteo-toghe. Smentito il pressing di Di Maio

Era solo una tregua. «Nessun golpe giudiziario», aveva minimizzato Salvini dopo aver attaccato di brutto la magistratura colpevole di avergli inviato un avviso di garanzia per la vicenda della nave Diciotti, mettendo in agitazione gli alleati a Cinque Stelle. Sarebbe stata una telefonata di Di Maio a riportarlo nei ranghi, si è detto. Ma, soltanto due giorni dopo, eccolo tornare alla carica. Il ministro dell'Interno smentisce di aver ricevuto la chiamata dell'altro vicepremier («Decido con la mia testa») e puntualizza di «non aver fatto né un attacco alla magistratura il giorno prima, né una retromarcia il giorno dopo». Ma le toghe non le molla. Anzi, approfondisce l'argomento con toni tutt'altro che concilianti, sferrando una nuova offensiva che i grillini accolgono con un imbarazzato silenzio.

«L'obbligo di azione penale è un'ipocrisia», sostiene in un'intervista a Rtl 102.5. Quello che per i magistrati rappresenta un totem, dunque, per il ministro andrebbe superato perché «non tutti i reati sono uguali». «Deve esserci la responsabilità in una scelta della gravità dei reati. L'obbligo di procedere sempre e comunque anche se uno si spezza un'unghia - chiarisce - non è corretto. Io proporrò anche di intervenire, ma cosa mi diranno? Che il governo fascista di Salvini vuole dare indicazioni ai giudici». Solo parole, quelle del titolare del Viminale, o si sta per aprire un nuovo fronte? L'argomento è delicato e di certo le toghe sono irritate per i continui sconfinamenti del ministro. Un'antipatia reciproca, tra i magistrati e il leader della Lega, alimentata dalle ripetute esternazioni di quest'ultimo. Dopo quella sull'obbligo dell'azione penale, eccone un'altra, questa volta sulla posizione pro-migranti di Magistratura democratica, la corrente di sinistra dei magistrati, la stessa che tre giorni fa aveva definito «eversive e intimidatorie» le parole di Salvini sui pm che interverrebbero per scopi politici. Lo spunto per il nuovo attacco lo fornisce l'appoggio di Md alla petizione «Welcoming Europe», una campagna a favore dei migranti sostenuta anche da Potere al Popolo, Cgil, Arci, Rifondazione Comunista e varie coop, tra cui la Baobab Experience, che si è occupata dell'ospitalità degli sbarcati dalla Diciotti. Quella sottoscrizione non è sfuggita a Salvini, che ha postato il manifesto dell'iniziativa su Facebook con relativo commento: «Poi quello accusato di ledere l'autonomia dei magistrati sono io...». Ma non ce l'ha con tutta la categoria. Lo spiega in radio: «Se c'è un taxista che per una volta ti frega non è che tutti ti fregano. Però che ci sia qualche pm con chiare ed evidenti simpatie politiche mi sembra di non svelare il mistero di Fatima».

Il nuovo attacco alla magistratura stavolta lascia senza parole l'M5s. Eppure il colpo è andato a segno, tanto che Area, la corrente delle toghe più vicina ai grillini, fa sentire la propria voce: «Il ministro rispetti le prerogative della magistratura».

Intanto le procure vanno avanti, seguendo il solito copione e alimentando il processo mediatico. La Procura di Palermo si è sbrigata a trasmettere il fascicolo al Tribunale dei ministri con le indicazioni delle persone da interrogare. Primo tra tutti il ministro Salvini. Che non la manda giù: «Avrei sequestrato persone così in fuga dalla guerra e bisognose di cure che dopo tre giorni sono sparite», ribadisce annunciando un imminente viaggio in Tunisia, mentre il Viminale continua a lavorare agli accordi di espulsione e rimpatrio volontario assistito con tutti i Paesi di provenienza.

«Per ora l'unico che funziona è con la Tunisia: ne rimpatriamo 80 a settimana, ma anche se ne espelliamo 100 ci mettiamo 80 anni», lamenta il ministro.

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